Il reportage firmato da Stefania Marino, apparso sul quotidiano “Corriere della Sera”, edizione di Salerno, che coinvolge anche il patron di BookSprint, ha un titolo molto significativo: “Noi rimaniamo qui”, riferito agli imprenditori che non fanno la valigia, che non emigrano verso realtà economiche più fiorenti di quella a Sud di Salerno, scegliendo di creare lavoro per sé e per altrettanti giovani, nel territorio in cui sono nati e cresciuti.
Importante riconoscimento per l’editore Vito Pacelli
La 7° Edizione del Premio Best Practices, assegnato da Confindustria alle imprese che si sono particolarmente distinte per l’innovazione in diversi ambiti, ha visto trionfare l’editore Vito Pacelli: ed è stata proprio la Rete, attraverso cui il giovane patron di BookSprint Edizioni svolge gran parte delle sue attività, a dargli il consenso più grande, facendogli vincere il Premio del web.
Un progetto che ha sfidato le convenzioni, che non ha avuto paura di fronteggiare la crisi economica e editoriale che non solo l’Italia ma anche il resto del mondo sta attraversando, un’idea audace e brillante come il nostro giovane editore, Vito Pacelli, un’idea, quella di BookSprint Edizioni che, ancora una volta, si mette in gioco, partecipando ad una competizione che premia proprio la novità, l’innovazione che moltissime aziende italiane hanno proposto sul mercato negli ultimi tempi.
L'editore Vito Pacelli partecipa al talk-street TiraDritto - Stop Cocaina, ideato dal giornalista di Repubblica Paolo Berizzi. Nella tappa che il tour ha fatto a Scampia, l'ideatore della BookSprint Edizioni si racconta a rivela cosa l'abbia spinto a dire basta all'uso di sostanze.
A due mesi dalla conclusione del concorso letterario, Casa Sanremo Writers, che ha visto sfidarsi scrittori emergenti e non, vi proponiamo i video delle presentazioni di alcuni finalisti. Come ricorderete, BookSprint Edizioni, dopo aver esaminato oltre 500 opere, edite e inedite, riconducibili a varie realtà dell’editoria italiana, nella bellissima cornice di Casa Sanremo, ha decretato il vincitore assoluto del concorso letterario nazionale.
Spesso si sente dire che l’Italia è un paese a due velocità. C’è un Nord, sviluppato e industriale, e un Sud, attardato e rurale. Pur con le dovute eccezioni, la realtà dei fatti ci impone di accettare questo dato generale. Non sarebbe altrimenti possibile spiegarsi il fenomeno dell’emigrazione interna, sempre vivo, sempre a senso unico.
Sarebbe confortante pensare che, in un mondo così particolare come quello editoriale, questa distinzione cessi di esistere. Dopotutto gli scrittori emergenti non sono tenuti a rispettare alcuna geografia, e di editori bravi e coraggiosi ce ne sono in tutto il paese.
L’editore Ilmo Malagoli inaugura una collana di dieci romanzi, da leggere obbligatoriamente a partire dal 2110. Sarà l’idea giusta per salvare il cartaceo?
Tutto e subito!
No, per carità. È questa l’idea di Ilmo Malagoli e della sua casa editrice IV Millennio, che proprio in onore della sua ragione sociale, inaugura una collana di libri un po’ particolare.
Ci sono uomini in grado di scuotere il corso uniforme della storia. Il tempo cambia passo, guadagna un nuovo ritmo, il corso degli eventi accelera. Per ciò che concerne l’editoria nella storia, una di queste personalità eccezionali risponde al nome di Aldo Manuzio.
Nato alla metà del Quattrocento nei pressi di Latina, perfeziona la propria formazione a Roma, Ferrara, Verona. Molto colto e di gusti raffinati, appassionato di greco e latino, Manuzio si stabilirà infine a Venezia, e non certo per coincidenza.
Scrigno di sogni, contenitore di idee, volano dell’innovazione culturale. Prima di essere tutto questo, il libro è innanzitutto un oggetto economico. Quel volume che scuote il nostro spirito e passa dagli ultimi libri usciti alle nostre mani, è lì perché qualcuno lo ha pensato e scritto, e perché qualche altro ci ha creduto, ci ha scommesso, e ha messo mano al portafogli. Questa persona si chiama editore, e il suo scopo è dar voce agli scrittori emergenti.
In principio c’erano i libri, e i libri erano tutti uguali. Entrare nelle antiche biblioteche doveva essere come farsi un giro in un racconto di Borges. File di volumi anonimi e indistinguibili si ergevano nella muraglia inaccessibile del sapere. Col tempo le cose sono molto cambiate, fino ad arrivare al fiorire di copertine dei giorni nostri.
Magonza, 1455. Un gruppo di uomini è rinchiuso in un’officina in cui nessun estraneo può entrare. Fuoriescono odori nauseanti, stridori metallici. Nel ribollire dei fumi, i rimi di lavoro sono massacranti. Dodici, quattordici ore al giorno sono la norma.
C'è una persona a capo di tutto questo: il suo nome è Johann Gutenberg. In quell'officina, tra sudori e imprecazioni, nasce la stampa a caratteri mobili.
Che sia per qualche ora di treno o per settimane e settimane, ogni libro che leggiamo permea lo spazio della nostra interiorità. Tra la pagina uno e la parola fine accade qualcosa di mistico. Gli eventi d’inchiostro sconfinano nella quotidianità; per un giorno possiamo attraversare le piazze di Mosca spazzate dal vento, perderci nell’Africa dei Grandi Laghi, respirare la notte nei sobborghi di Tokyo.
L’ultima pagina e il buio spegne le parole. A spallate il libro trova posto nello scaffale, l’odore di nuovo svanisce, le pagine ingialliscono in silenzio. Saranno forse passati anni quando qualcun altro lo riaprirà – e sarà sempre qualcun altro, perché anch’io sarò un altro me stesso. Come due mani invecchiate le pagine si schiuderanno, rivelando il sogno azzurro che hanno custodito. Da quella lontananza noi stessi ritorneremo in vita nelle rughe di carta, rivivendo il tempo che un giorno fu nostro.