La Serenissima era a quel tempo una città fiorente, con un popolo avvezzo agli scambi commerciali e culturali con l’estero. A Venezia si respirava aria di libertà, e questa era una condizione essenziale per fare impresa in campo editoriale.
A Roma, infatti, le ingerenze della chiesa cattolica arrivavano sino a impedire la diffusione di testi considerati sconvenienti; ciò generava ripercussioni economiche gravissime per l’editore, che vede il proprio libro stampato diventare carta da macero. Tutto questo, a Venezia, non c’era.
Qui Aldo Manuzio apre la propria tipografia. Da qui partono innovazioni senza precedenti, che trasformano e avvicinano il libro a quell’oggetto che oggi tutti conoscono, e cha trasformano il tipografo in qualcosa di più di un semplice stampatore di libri: egli è ora un editore.
I segni di interpunzione vengono definitivamente codificati; a quelli già noti si aggiunge l’inedito punto e virgola. Se i programmi di videoscrittura in lingua inglese chiamano il corsivo italic, questo si deve ancora una volta ad Aldo Manuzio, inventore appunto del corsivo, che oltre ad essere elegante e leggibile permetteva di risparmiare spazio, quindi carta, con ripercussioni sul prezzo di vendita. La celeberrima e stupenda raffigurazione del delfino avviluppato all’ancora serviva a difendere il proprio lavoro dalle copie illegittime, e, oltre ad avere un notevole valore artistico, cristallizza la consuetudine di creare il logo della casa editrice.
Ma sono due le innovazioni più sorprendenti per i tempi.
La prima: accompagnare ogni edizione con l’elenco delle prossime pubblicazioni. Questa pubblicità ante litteram aveva un doppio obiettivo: avvisare il pubblico per catturare nuovi acquirenti; mandare un segnale chiaro alle altre tipografie – giù le mani, è roba di Aldo.
La seconda è una creazione di portata rivoluzionaria: il formato in ottavo. Si tratta cioè dell’antenato dei moderni tascabili.
Se dunque oggi i libri sono compatti, ergonomici, se non sono più incatenati ai banchi di lettura e camminano con noi sottobraccio, questo lo dobbiamo anche a lui: Aldo Manuzio.