Il diritto di stampare un libro per sognare di vederlo nella classifica degli ultimi libri usciti non dovrebbe essere soggetto ad alcuna restrizione.
Ma, a ben guardare, anche nel libro c’è un Nord e un Sud. La nostra storia ci insegna che molti intellettuali e scrittori hanno dovuto fare fagotto per trovare collocazione in case editrici o testate giornalistiche settentrionali.
Eppure, non così tanto tempo fa, la situazione era molto diversa. Cosa è successo? E quando?
Il punto di rottura è il 1861, anno dell’Unificazione. Non solo perché il Regno delle Due Sicilie diventa Sud Italia e le sue grandi città sono d’un tratto periferia, ma anche per la politica editoriale che era stata fino a quel momento condotta.
Mentre negli altri stati preunitari i libri circolavano più o meno liberamente, il Regno delle Due Sicilie era improntato a un rigido protezionismo editoriale per favorire il mercato interno. Le tipografie erano capaci di edizioni bellissime, finemente decorate, alcune delle quali sono considerate capolavori senza pari dell’arte libraria. Ma queste officine tipografiche ricevevano commesse statali, e crescevano all’ombra di un governo che li proteggeva dalla concorrenza esterna.
Unificazione significa, quindi, il brusco passaggio da un mercato protetto a un mercato libero. Si può facilmente capire come sia stato un colpo devastante per l’editoria del Mezzogiorno. Quei tipografi non erano avvezzi all’implacabile legge del mercato, e il nobile passato divenne presto un ricordo. L’urto è tale che ancora oggi ne avvertiamo le conseguenze.
Ma le cose potrebbero presto mutare. Crisi economica da una parte, e rivoluzione dell’ebook dall’altra, sono due fattori che promettono di stravolgere il mondo del libro. La storia ha una sola costante: il cambiamento. Meglio farsi trovare pronti, e sperare in un armonico sviluppo editoriale del nostro Paese.