Cosa succede in libreria? I volumi che erano in vetrina una settimana fa sono spariti, pile di nuovi libri quasi intralciano l’entrata, in ogni angolo c’è “il miglior libro del secolo” con la sua buona fascetta.
Il meccanismo è inarrestabile. Più si è vicini alla vetrina, più la vita del libro si accorcia. Il tempo di esposizione è sempre più breve, e, a dispetto della speranza di uno scrittore emergente, vince la legge implacabile del mercato, la dittatura dei nuovi arrivi.
Andrà in onda a novembre, in seconda serata su Rai3, e premierà un autore emergente, permettendogli la pubblicazione del proprio manoscritto
Andrà in onda a partire dal prossimo novembre e proverà a modificare l’opinione collettiva relativa alla credenza che in Italia si legge poco. Sto parlando di Masterpiece, il nuovo reality show di Rai3 tutto made in Italy (coprodotto da Fremantle Media, che ha già lavorato ad altri talent-show come “X Factor”) e dedicato interamente agli scrittori emergenti.
La via del successo è lastricata di delusioni. All’ingresso della libreria c’è la classifica dei libri più venduti, dominata dalle grandi case editrici e da autori di fama. Come possono gli scrittori emergenti arrivare fin lassù? Hanno rifinito il testo per limare ogni imperfezione, hanno aspettato il momento più giusto per inviare il manoscritto rispettando le norme redazionali, eppure i nostri nuovi scrittori non hanno ricevuto alcuna risposta.
Certe cose non cambiano. Cerchi di caffè sulla scrivania, tonnellate di appunti sui personaggi, fogli sparsi di idee, cestini pieni di geniali rivelazioni. Scrivere nonostante tutto. Di notte, al mattino pre-sto. Per anni. E sperare di ricevere almeno una risposta che sia una, righe pensate da un essere umano e non provenienti da un robot-risponditore automaticamente dispiaciuto.
Spesso si sente dire che l’Italia è un paese a due velocità. C’è un Nord, sviluppato e industriale, e un Sud, attardato e rurale. Pur con le dovute eccezioni, la realtà dei fatti ci impone di accettare questo dato generale. Non sarebbe altrimenti possibile spiegarsi il fenomeno dell’emigrazione interna, sempre vivo, sempre a senso unico.
Sarebbe confortante pensare che, in un mondo così particolare come quello editoriale, questa distinzione cessi di esistere. Dopotutto gli scrittori emergenti non sono tenuti a rispettare alcuna geografia, e di editori bravi e coraggiosi ce ne sono in tutto il paese.
Farsi pubblicare un libro non è affatto un’impresa facile. Molti sono gli scrittori emergenti che, dopo aver bussato alle porte di tante case editrici e aver ricevuto un rifiuto, ripongono il loro manoscritto nel cassetto, aspettando magari tempi migliori o abbandonando definitivamente il loro sogno di vedere il lavoro sullo scaffale di qualche libreria.
Magonza, 1455. Un gruppo di uomini è rinchiuso in un’officina in cui nessun estraneo può entrare. Fuoriescono odori nauseanti, stridori metallici. Nel ribollire dei fumi, i rimi di lavoro sono massacranti. Dodici, quattordici ore al giorno sono la norma.
C'è una persona a capo di tutto questo: il suo nome è Johann Gutenberg. In quell'officina, tra sudori e imprecazioni, nasce la stampa a caratteri mobili.
Alla fatidica domanda "Che cosa vuoi fare da grande?" si risponde nei modi più assurdi e svariati. La fantasia e la determinazione dei bambini nel sostenere le ipotesi più strane non trova limiti. Ci sono gli astronauti, i veterinari che salvano tutti gli animali del mondo e perfino i supereroi. In mezzo a questo marasma colorato di idee io ho sempre cercato di averle chiare e ho risposto a tutti con fermezza: "Scrivere un libro".