1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore? Su di me non ho grandi notizie. Non credo di avere un’identità e, pertanto, mi riesce difficile connotarmi. La mia vita è stata piatta, poi turbolenta ed affollata ed, infine, regolare. Gli anni trascorsi sui banchi di scuola sono stati monotoni ma gratificanti. Al liceo ho iniziato a studiare musica e, dopo la maturità, per una decina d'anni ho lavorato in quel settore. Il sabato e la domenica facevo le scintille, dal martedì al venerdì frequentavo l'università. Verso i trent'anni ho lasciato Milano e sono ritornato al mio paese d'origine nell'entroterra ligure. Tutt'ora insegno in un liceo classico genovese. Per quel che riguarda la mia attività di scrittore debbo dire che non mi ritengo tale. Per me lo scrittore fa letteratura e la letteratura è qualcosa che richiede doti estreme: non solo capacità di raccontare ma capacità di comprendere e, nello stesso tempo, di perdere il bandolo della matassa. Anche quella è una dote, per me.