L’editore svolge un ruolo cruciale all’interno dell’industria dei contenuti. Il suo lavoro di selezione e cura del materiale che gli giunge sulla scrivania è fondamentale per ottenere prodotti culturali di qualità. L’autore emergente ha un messaggio da portare in seno alla società; tuttavia, molto difficilmente egli riuscirà, da solo, a raggiungere un ampio numero di fruitori.
Ed è proprio in questa fase che interviene l’editore. Il suo ruolo è duplice. Da un lato restringe il campo, selezionando i contenuti meritevoli di diventare un vero e proprio libro; dall’altra parte, tenta di raggiungere il più ampio numero di fruitori possibile attraverso molteplici canali comunicativi.
Lo scrittore emergente invia il manoscritto, che viene passato al vaglio da lettori di professione. Gli scritti che riescono a superare questo esame preliminare passano ai piani alti della casa editrice, per finire sul tavolo dell’editore. Se il testo è qualitativamente valido, in sintonia con la linea editoriale, ed è ritenuto particolarmente interessante dall’editore, si mette in moto il processo che porterà alla stampa.
Il manoscritto inviato può essere sottoposto all’attenzione di un editor, che, lavorando a stretto contatto con lo scrittore, apporta le modifiche necessarie a rendere l’opera fruibile e priva di punti deboli.
A questo punto il correttore di bozze verifica e allinea il testo alle norme redazionali (dimensione e tipo di carattere, interlinea, corretta indicazione dei dialoghi, ecc.), che variano a seconda dell’editore e della casa editrice. Il correttore di bozze è addestrato a cogliere errori di ogni tipo (digitazione errata, incoerenza nei tempi verbali, punteggiatura, corretto uso del maiuscolo, ecc.). Questi errori sono chiamati refusi, e vanno per ovvi motivi eliminati prima di procedere al processo di stampa.
Mentre il testo è in lavorazione, il team grafico si mette all’opera per conferire una veste adeguata al libro stampato. Se il volume è parte di una collana, la grafica sarà coerente con l’intero progetto grafico dell’opera; altrimenti, il libro avrà una propria identità, nel rispetto degli standard dettati dall’editore.
Quando il volume è confezionato e pronto per essere venduto, l’editore attiva i propri canali comunicativi per far sapere che c’è un nuovo libro in commercio. Il reparto della casa editrice che ha un ruolo centrale in questa fase è l’ufficio stampa, che contatta le testate giornalistiche per informarle della nuova pubblicazione. La Strategia di promozione del libro appena uscito, che sia opera di uno scrittore affermato o di un autore emergente, va concordata con l’ufficio marketing.
Ognuno dei settori della casa editrice ha un compito specifico, ma tutti tendono verso lo stesso obiettivo: presentare al pubblico un testo valido, e fargli sapere che quel testo esiste.
Come si può immaginare, l’iter di stampa è molto complesso e non privo di intoppi. La figura dell’editore è fondamentale in tutto il processo. In un primo momento prende le decisioni, svolgendo un ruolo attivo e avviando quel processo che porterà allo scaffale della libreria; in seguito, vigila sulla successione delle fasi, affinché tutto vada a buon fine.
Non basta idearlo, pensarlo, scriverlo o riscriverlo. Affinché veda la luce, un libro ha bisogno di essere letto, corretto, impaginato e, ancora, occorre pensare alla copertina con cui rivestirlo, a quale foto, disegno o composizione renda al meglio ciò che si vuole dire e a tante altre attività che la Casa Editrice BookSprint Edizioni affronta con passione ogni giorno.
Fin dal primo momento in cui un autore entra in contatto con la BookSprint, tutta la macchina organizzativa si mette in moto per interpretare (e, quindi, soddisfare) al meglio le sue esigenze.
Ciò che rende speciale questa Casa Editrice, però, è il fatto che accanto alle procedure di pubblicazione canoniche, ve ne sono altre originali, oltre che innovative. La BookSprint Edizioni, infatti, è la prima e unica Casa Editrice italiana che, dopo aver ricevuto il manoscritto, confeziona e spedisce, gratuitamente, all’autore una copia somigliante in tutto e per tutto a quella che sarà la veste ufficiale del libro, se e quando costui deciderà di pubblicarlo. Soltanto in questo modo, i nostri autori potranno vedere realizzato il proprio desiderio in anteprima e, sentendo il fruscio delle pagine, assaporando i colori della copertina, avranno un assaggio di come potrà trasformarsi il proprio lavoro se decideranno di darlo alle stampe.
La vera innovazione della BookSprint Edizioni, in realtà, sta nel fatto che è l’autore, e solo lui, il protagonista assoluto della sua pubblicazione.
Chi sceglie questa Casa Editrice per dar vita al proprio progetto editoriale, infatti, sa fin da subito che rimarrà sempre e comunque proprietario della sua opera e, in ogni momento, potrà decidere autonomamente cosa è meglio per la propria pubblicazione.
La Casa Editrice BookSprint Edizioni nasce da un’idea di Vito Pacelli, già fondatore, oltre dieci anni fa, di una Web Agency, rimodellatasi successivamente sul mercato fino a diventare, poi, un centro stampa digitale, affiancato oggi dalla BookSprint Edizioni.
Il punto di partenza di tutta la genesi della Casa Editrice è l’intuizione che la moda del print on demand, scoppiata negli Stati Uniti, potesse sbarcare anche sul mercato italiano. L’idea, però, resta allo stato embrionale fin quando, nel 2010, Vito Pacelli decide di investire nel settore, acquistando i macchinari adeguati, e dà inizio all’avventura della Casa Editrice, da lui battezzata BookSprint Edizioni. Il nome, oltre a richiamare il concetto del print on demand da cui Pacelli era partito, incarna soprattutto la filosofia aziendale: i componenti del team BookSprint, infatti, non si accontentano di soddisfare al meglio le esigenze della clientela ma sono anche grintosi, veloci, “sprintosi” nel farlo.
Le difficoltà che il settore editoriale sta vivendo, non spaventano il suo fondatore, anzi. Ciò che più di tutto lo spinge a dar vita alla BookSprint Edizioni è la voglia di aiutare tutte quelle migliaia e migliaia di persone che hanno un libro, un sogno nel cassetto, a realizzarlo, cercando di riuscire ad aprire quello scrigno in cui loro conservano il proprio scritto, dando la possibilità a tutti di vedere pubblicato il proprio libro. Oggi, la BookSprint Edizioni ha costruito intorno a sé una rete di oltre 800 autori che hanno pubblicato con questa Casa Editrice, facendo toccare al catalogo quota 1500 pubblicazioni. Oltre alle scelte puramente manageriali, quello che ha più influito positivamente sullo sviluppo della BookSprint Edizioni è stato il rapporto tutto speciale che l’editore, Vito Pacelli, costruisce giorno per giorno con i suoi autori, che ne ricambiano quotidianamente la fiducia. Chi sceglie di pubblicare con questa Casa Editrice, infatti, anche se gran parte del lavoro si svolge sul web, ha sempre e comunque la certezza di essere seguito da un team di professionisti guidati da una persona in carne ed ossa, pronta a rispondere alle loro esigenze, mettendoci la faccia. Viceversa, come testimoniano le centinaia di feedback leggibili sul sito, gli autori, che non perdono mai i propri diritti sull’opera, esprimono tutta la loro soddisfazione, elogiando le varie fasi del processo produttivo della BookSprint Edizioni che hanno permesso la pubblicazione del proprio libro.
Una casa editrice è un’impresa che produce e distribuisce testi stampati o digitali. Essa si pone come strumento di collegamento tra l’autore e la società. Lo scrittore, portatore di un messaggio artistico, scientifico o culturale, si rivolge a una casa editrice per amplificare la propria voce e raggiungere un ampio pubblico, sia attraverso le edizioni a stampa che digitali.
Le prime case editrici nascono alla fine del Cinquecento, e sono legate al mondo accademico. Le accademie, infatti, avevano necessità di comunicare tra loro per tenersi aggiornate sugli studi e le ricerche più recenti. Lo strumento di comunicazione e confronto più veloce, efficace ed economico, infatti, era al tempo proprio la stampa. Così, le accademie si dotavano di una casa editrice interna cui affidare la pubblicazione degli ultimi studi.
Il fenomeno delle accademie esplode nel Seicento su scala europea. La necessità di informarsi sulle pubblicazioni più recenti si fa sempre più pressante. Nasce così il giornale accademico o giornale erudito. Questo prodotto era molto lontano dal giornale modernamente inteso, ma anche dalle gazzette cinquecentesche. Somigliava a un piccolo volumetto, ed era una preziosa fonte di libri, in quanto riportava un elenco delle opere pubblicate dalle accademie che rientravano nella specifica area di interesse del giornale.
Mentre le case editrici stampano il giornale erudito, nasce al contempo una nuova figura di giornalista, che si occupa di recensire le opere ritenute più importanti. Da queste recensioni era assolutamente esclusa la dimensione personale. L’autore non poteva esprimere giudizi, e quando doveva fornire una valutazione soggettiva, era tenuto non soltanto a farlo col massimo tatto, ma anche ad avvisare graficamente il lettore che quella frase era frutto di una sua interpretazione, e per questo usava il corsivo.
Solo a metà del Settecento nascono le prime case editrici al di fuori del mondo accademico. Venivano comunemente chiamate librerie, ma avevano già i caratteri propri di un’impresa editoriale. Il rapporto contrattuale editore e autore era tutto a discapito di quest’ultimo, che, in cambio di un compenso, si vedeva privato di tutti i diritti di edizione.
Il circuito di vendita si amplia. Per le strade cominciano a girare venditori ambulanti. Nascono i gabinetti di lettura, che consentono di trovare, in cambio di una certa cifra, un posto tranquillo in cui poter scegliere un libro da leggere in sede, oppure pagare un supplemento e prenderlo in prestito. Quello stesso libro, una volta restituito, poteva essere venduto sul mercato dell’usato.
Tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, le case editrici conoscono una profonda trasformazione, che le porterà a somigliare sempre più alle attuali imprese editoriali. Nuovi metodi di produzione vengono messi a punto in Inghilterra. Si basano sia sulla meccanizzazione di alcune operazioni che prima venivano svolte a mano, che sulla razionale divisione dei compiti in tipografia. L’innovazione tecnologica consente di aumentare la produzione dimezzando la manodopera. Questo permette di abbattere i costi per unità di prodotto, e di ottenere più libri, in meno tempo, e più a buon mercato.
Tipografia, libreria e uffici commerciali vengono accorpati in seno alla stessa impresa. La casa editrice si organizza in maniera sempre più razionale. Ogni professionalità si specializza; ad esempio, l’editore non si occupa più dell’approvvigionamento dei materiali, ma si dedica a coltivare il tessuto di relazioni intellettuali e commerciali.
In Italia il 1830 è l’anno che fa da spartiacque tra il libro antico e il libro moderno. In questa data, infatti, Giuseppe Pompa, a capo della casa editrice Utet (Unione Tipografica Editrice Torinese), importa i nuovi macchinari dall’Inghilterra, e avvia il nuovo modo di produzione. I prodotto stampati crescono in maniera esponenziale, e questo impone la necessità di smerciarli sul mercato in modo più efficiente e veloce. A quel tempo, il sistema più rapido ed economico è il servizio postale.
Ci vorranno quarant’anni prima che quest’innovazione produttiva si affermi su scala nazionale. Il processo non è indolore.
A Napoli, nel 1848, si verificano le prime, coraggiose agitazioni dei tipografi – a quel tempo scioperare significava andare contro la cavalleria. Si tratta di manifestazioni di tipo corporativo: le nuove tecnologie, infatti, manderebbero in mezzo a una strada la metà degli occupati nel settore editoriale. Ma, col passare del tempo, sempre più case editrici aggiornano i propri macchinari. Chi si attarda è costretto a subire una concorrenza insostenibile, e deve, per forza di cose, chiudere i battenti.
Il Novecento è il secolo dei grandi gruppi editoriali. Il pubblico dei lettori aumenta, soprattutto grazie al miglior livello di alfabetizzazione della popolazione. Nascono nuove case editrici, molte di esse si specializzano in un determinato settore, in modo da trovare la propria fetta di pubblico in un mercato sempre più affollato di concorrenti.
A partire dal Secondo Dopoguerra, in corrispondenza dell’aumento del livello del benessere, il libro diventa un prodotto oggetto di consumo di massa.
Gli anni Settanta vedono una riorganizzazione delle case editrici. Si verificano le prime fusioni, che vedono i grandi colossi acquistare realtà più piccole, e nello stesso tempo nascono i primi gruppi multimediali. Queste dinamiche si accentuano nei due decenni successivi. La casa editrice non si occupa più di produrre solo e soltanto il libro, ma cerca di concepire un prodotto crossmediale. Dunque non più solo il libro, ma il libro e il film, il libro e il videogioco, il libro e i gadget, e così via.
Dagli anni Novanta in poi, le grandi multinazionali fanno il loro ingresso nel mercato editoriale, acquistando le principali case editrici europee e americane. Le grandi realtà editoriali vengono inglobate da colossi del mercato planetario, e diventano una piccola parte del loro fatturato. Al giorno d’oggi una casa editrice è un’importante tassello dell’industria dei contenuti. I prodotti editoriali vengono concepiti, sin dalla loro nascita, come prodotti aperti, che si prestano a generare ulteriori prodotti culturali (come film e videogiochi).
Questa contaminazione crossmediale ha influenzato anche la campagna promozionale letteraria. Il booktrailer è uno degli esempi più lampanti di questo fenomeno. Il linguaggio cinematografico entra nello spot del libro, che viene presentato con le stesse modalità di un film. In questo contesto di interconnessione tra media, la figura dell’editore tradizionale, che si occupa solo e soltanto della carta, tende rapidamente a scomparire. L’editore moderno svolge un ruolo più ampio, estende le proprie competenze e la propria professionalità, producendo contenuti per ogni mezzo di comunicazione, dalla carta al web, passando per il cinema e la televisione.
Questo è un anno di paure, paure a volte sconosciute. Paure che ci fanno pensare di non poter trovare un futuro normale e sereno. La cosa triste è che così, molti giovani rinunciano a lottare. Serve un atto di coraggio, uno scatto di orgoglio per trovare uno spiraglio di speranza. Cerchiamo tutto ciò, intorno a noi, riappropriamoci della voglia di parlare, di dialogare, di guardarci in faccia. Ricostruiamo tutti quei rapporti che abbiamo mandato in fumo, in passato, per il troppo. Il mondo andrebbe guardato con gli occhi di un bambino, ritroviamo quello sguardo di cui abbiamo dimenticato la magia e riprendiamo in mano la nostra vita lottando per un futuro migliore. Vito Pacelli
La BookSprint Edizioni è una Casa Editrice giovane in tutti i sensi: nata nel 2010, ha un organico composto da ragazzi e ragazze, tutti al di sotto dei quarant’anni. L’affiatamento della squadra, la forte motivazione, sono la principale forza di questo team altamente specializzato.
Grazie a loro, alla loro capacità di rinnovarsi in continuazione, di cavalcare l’onda del cambiamento, la Casa Editrice BookSprint Edizioni ha assunto l’aspetto che la caratterizza oggi. Le capacità e la creatività di ognuno, unite alla vocazione ad avvalersi delle più moderne tecnologie, tenendo sempre in considerazione i progressi del settore editoriale, fanno delle pubblicazioni targate BookSprint un prodotto all’avanguardia, qualitativamente superiore.
Il racconto è un genere letterario in prosa che si caratterizza per immediatezza, brevità, densità, unicità. Gli scrittori di racconti esprimono la propria creatività attraverso un’ampia costellazione di storie. Ognuna di esse è autonoma e contiene una vicenda in sé conclusa, ma si può considerare come parte un corpus più vasto, che costituisce un tassello del percorso di ricerca dell’autore. Alcuni scrittori utilizzano lo stesso personaggio in diverse storie; una pubblicazione di racconti gialli, per esempio, può avere come protagonista sempre lo stesso investigatore.
La storia del racconto ha origini antichissime, e si perde nel remoto passato della tradizione orale, quando i mezzi per pubblicare racconti ancora non esistevano. Possiamo facilmente immaginare come le storie venissero tramandate a voce di generazione in generazione, come si arricchissero di sfumature e personaggi a seconda dell’abilità del narratore, prima di essere fissate definitivamente in forma scritta. Le prime forme orali note risalgono al Medioevo, con gli antichi generi dell’exemplum, del fabliau e del lai. L’exemplum racconta una storia, che si ritiene vera, in cui il protagonista mette in atto un certo comportamento, che gli permette di ottenere un determinato risultato, e spesso si tratta della salvezza della propria anima. Il fabliau, che può trovare un corrispettivo nella traduzione italiana “favolello”, ha origini francesi, ed è un breve racconto in versi che narra una vicenda semplice e divertente. Il lai è un racconto poetico più strutturato, suddiviso in stanze, molto diffuso in Francia e Germania, che trova ampia fortuna grazie al canto dei trovatori.
Il genere del racconto acquista autonomia sotto forma di novella, a partire dalla raccolta anonima Il Novellino (1281-1300), e si afferma definitivamente con uno dei più grandi autori di piccole storie, Giovanni Boccaccio (1313-1375). Il suo Decameron (1350-1353), una delle pubblicazioni di racconti più celebri di sempre, emancipa la novella dai canoni medievali; lo stesso termine novella ribadisce il carattere di novità, mentre se ne attesta la natura di vicenda realistica. Le caratteristiche del genere resteranno stabili sino al Rinascimento. A Boccaccio si deve anche l’introduzione dell’espediente della cornice, che viene ripreso dalla raccolta orientale Le mille e una notte e rielaborato per legarlo a vicende contemporanee, come, nel caso del Decameron, la peste del 1348.
Dopo il periodo d’oro rinascimentale, il racconto gode di alterne fortune. Soprattutto nel periodo del Barocco, il genere soffre, perde autonomia, convive con altre forme narrative: pubblicare racconti diventa sempre più difficile. Nel Settecento assistiamo a una ripresa della narrazione breve, preludio alla consacrazione ottocentesca, grazie al contributo dei più famosi scrittori di racconti di tutti i tempi.
Autori come Edgar Allan Poe (1809-1849), Guy de Maupassant (1850-1893) e Anton Cechov (1860-1904) costituiscono i massimi esempi del racconto dell’Ottocento, e saranno punti di riferimento obbligati per i successivi scrittori che vorranno pubblicare racconti.
Dopo la grande fortuna del romanzo moderno, il racconto si riafferma tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Dall’America all’Europa Orientale, gli scrittori di racconti rivendicano la maturità di un genere che riesce sempre a imporsi e a stupire, acquisendo di epoca in epoca carattere di novità. L’Italia, negli ultimi due secoli, può vantare un’ampia schiera di scrittori di racconti. Si pensi a nomi come Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Gabriele d'Annunzio, Italo Svevo, Tommaso Landolfi, Primo Levi, Alberto Moravia, Giorgio Bassani, Piero Chiara, Dino Buzzati, Italo Calvino, Antonio Tabucchi. Alcuni di essi hanno influenzato movimenti artistici di rilevanza quantomeno europea, pubblicando racconti memorabili, che sono entrati di diritto nelle grandi pagine della storia della letteratura.
Prima dei libri, prima della scrittura, la poesia era già esistente. Pubblicare poesie non era ancora possibile, ma i componimenti originari, nati come canti di lavoro, oppure composti e portati nelle piazze dai cantastorie, venivano tramandati oralmente. Allo stato sorgivo la poesia era voce, non parola scritta. La metrica regolare, la rima, la musicalità delle parole, erano tutti elementi utili alla memorizzazione dei versi; la cadenza del singolo verso creava il ritmo delle strofe, che aiutava a ricordare le parole esatte. È lecito supporre che nel lungo percorso che ha condotto alla vera e propria pubblicazione di poesie, molte delle parole originarie siano state sostituite e altrettante strofe siano andate perdute per sempre, per non parlare delle liriche che non sono mai passate per il torchio. È molto difficile stimare le dimensioni di questo tesoro artistico inghiottito per sempre dall’oblio.
La poesia si caratterizza sin da subito per la sua densità semantica. Grazie anche alle qualità musicali del componimento, le parole diventano un mezzo espressivo molto potente, con una forza evocativa di gran lunga superiore alla prosa, sia essa in forma di romanzo o racconto. La parola assume una duplice funzione: comunicare un significato, e produrre un suono. Questa particolare caratteristica trasforma il linguaggio in uno strumento musicale dalle potenzialità ineguagliabili. Inoltre, prima della stampa e degli editori , quando pubblicare poesie non era pensabile, i cantastorie recitavano i versi cantando e danzando, potenziando il componimento con la teatralità dei propri versi.
Come si può facilmente capire, la poesia è un genere che pone enormi difficoltà di traduzione. Quando un editore decide di pubblicare poesie di autori stranieri, bisogna mettere in conto un lungo lavoro di trasposizione linguistica. I suoni della lingua madre vanno irrimediabilmente perduti; per quanto possibile si cerca di preservare il ritmo originario, ma più spesso si deve creare una nuova sonorità che meglio si adatta al mercato nazionale. Tutto questo richiede un lungo lavoro da parte dello staff della casa editrice.
L’evoluzione del genere ha portato la poesia a cambiare notevolmente nel corso dei secoli. Per lungo tempo le liriche sono state caratterizzate dalla rigidità della metrica e delle forme di componimento. Il Novecento ha visto invece l’esplosione del verso libero, con il crollo di ogni forma di creazione preordinata.
Esempio massimo di poesia rispettosa della metrica e delle regole è la Divina Commedia di Dante Alighieri, una delle migliori opere poetiche di tutti i tempi, che contribuisce all’affermazione della poesia come forma d’arte scritta. Il genere raggiunge grande popolarità tra la fine del Quattrocento e il Cinquecento, quando, in forma di poema epico cavalleresco, penetra negli strati più bassi della popolazione con l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, e la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Nel Novecento la metrica si frantuma; basti pensare alle opere di Ungaretti e Montale. Le regole del passato si avvertono come inutili e opprimenti costrizioni per un espressione che dev’essere libera e svincolata da ogni schema.
Attualmente, in ambito editoriale la poesia è nettamente dietro ad altre forme di narrazione, in primo luogo al romanzo, ma anche al racconto . Pubblicare poesie diventa sempre più difficile a causa di un mercato molto orientato alla prosa. Ma se le raccolte poetiche diventano di anno in anno più rare sugli scaffali delle librerie, sempre più liriche trovano espressione attraverso il web. È stato calcolato che ogni anno ci sono 4 milioni di nuove poesie pubblicate online.
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