Per adattare il testo ad ogni tipo di dispositivo, infatti, la casa editrice che si occupa di pubblicare libri in formato digitale, ne annulla quasi completamente l’impaginazione. Ciò comporta, secondo la giornalista di neuroscienze del Time, Maia Szalavitz, che l’ebook, rispetto al libro cartaceo, offra minori punti di riferimento mnemonici, ossia mancano numeri di pagina, inizio e fine, destra o sinistra, che aiutano spesso a ricordare più facilmente (la famosa memoria visiva) dettagli di ciò che ci passa sotto gli occhi.
Sarà vero? Il dibattito è apertissimo, anche in Italia, dove gli studiosi del settore si dividono, come negli States, tra quelli che pensano che ci sia semplicemente un problema di adattamento dei lettori al nuovo media digitale, tra quelli secondo cui la lettura su schermo è diversa da quella su carta stampata perché più vicina allo skimming, ovvero alla lettura orientativa (la lettura veloce che ricerca il senso, il contenuto di quanto letto, più che tutte le sue sfaccettature). O, addirittura, c’è chi pensa che sia soltanto un modo diverso di leggere che non comporti, al contempo, un diverso modo di immagazzinamento delle informazioni nella memoria. Come dire: si legge diversamente, ma si memorizza allo stesso modo. Che è poi la teoria seguita dalle case editrici che si sono lanciate nella produzione esclusiva di libri informatizzati e nella loro pubblicazione.
Certo è che, sia per gli scrittori emergenti che per quelli più navigati, se questa teoria venisse conclamata, sapere di essere dimenticati in un batter di ciglia non sarebbe consolante e, anzi, potrebbe scoraggiare nuovi scrittori a pubblicare le proprie poesie o fumetti nei formati di nuova generazione.
Eppure, secondo la giornalista della rivista americana, c’è davvero una difficoltà di memorizzazione delle informazioni derivante dall’uso degli ebook. Essendo questi un continuum privo di punti di riferimento, per l’utente diventerebbe, infatti, più difficile ricordare tutte le informazioni contenute nel testo. A supporto di questa teoria anche alcune ricerche effettuate sempre oltreoceano, che dimostrano come il supporto digitale sia pure più scomodo di quello cartaceo (leggere da uno smartphone o da un cellulare sembra effettivamente meno allettante che stare comodamente stesi su un divano con un libro tra le mani) e quindi meno adatto alla comprensione ed alla fissazione in memoria di quanto letto.
Eppure, se ciò fosse avallato, smonterebbe un intero sistema che ormai sembra partito e difficilmente arrestabile: l’uso degli ebook a scuola e nelle università. Se quanto detto fosse vero, come si potrebbe utilizzare questi dispositivi nelle scuole? Gli studenti ricorderebbero e saprebbero meno. A quanto pare, almeno per quanto riguarda la memoria a breve termine, si.
Ma il dibattito non è concluso, anzi è lungi dal trovare il suo “the end”. E, come al solito, ci si aspetta novità in senso opposto da altre ricerche attualmente già in corso.
Insomma, non è ancora detto che chi legge ebook abbia la memoria corta.