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15 Mar
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Letture da... Papa

Letture da... Papa © Faabi

Due millenni di storia in cui i 266 successori di Pietro hanno avuto a che fare con i libri e la letteratura, non solo religiosa.

Come da pronostico, al secondo giorno del conclave la sede vaticana ha trovato il suo nuovo proprietario, il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, il primo vescovo di Roma latino-americano, che ha scelto per il suo pontificato il nome Francesco.
Tra i suoi interessi, lo stesso Bergoglio ha evidenziato quello per la lettura e i libri. Un hobby non insolito nel mondo della chiesa e del papato in particolare.

Papa Francesco predilige le letture del suo connazionale Luis Borges, autore, tra le altre, di opere come Il libro dei sogni, e quelle del russo Dostoevkij. Ma, non rinnegando le sue origini italiane, ha ammesso di avere un debole per la Divina Commedia di Dante e i Promessi sposi di Manzoni.
Proprio Manzoni, nella sua celebre opera, cita come papa regnante Papa Urbano VIII (Matteo Vincenzo Barberini), che nel ‘600 era famoso anche per le sue doti da poeta, tanto che scrisse una raccolta di componimenti dal titolo Poesie toscane del cardinale Maffeo Barberini. Prima di lui, il famoso Leone X (quello delle indulgenze) era appassionato di poesie e l’ultimo papa sul trono di Pietro ad amare canti e sonetti è stato l’indimenticabile Woijtyla. Giovanni Paolo II adorava i versi e in tenera età ne aveva scritti alcuni, ma la sua passione riguardava i libri in generale. Woijtyla si riposava leggendo, sottolineando e annotando i testi della Metafisica di Aristotele, ma suo compagno fedele era anche Gilbert K. Chesterton, scrittore e aforista inglese di fine ‘800, molto apprezzato anche da altri papi come Ratzinger, Montini e Luciani.
Benedetto XVI predilige però, sin dall’adolescenza, la letteratura cattolica francese di Paul Claudel (autore del dramma L’annuncio a Maria), George Bernanos (scrittore di Diario di un curato di campagna) e Francois Mauriac. Ma il suo libro preferito è Il lupo della steppa di Hermann Hess.
Ma il Papa passato alla storia per essere il “Papa dei libri” è stato sicuramente Albino Luciani, il papa dei trentatré giorni. Giovanni Paolo I divorava i romanzi, non solo quelli a carattere religioso come La Filotea di Francesco di Sales e le opere di San Tommaso. Luciani amava anche Jules Verne, Walter Scott, Charles Dickens, Dostoevskij, Silone, Goethe e Petrarca, nonché i romanzi sulla seconda guerra mondiale e sui campi di concentramento sovietici, come Arcipelago Gulag di Solzenicyn.
Quasi tutti i vescovi di Roma sono stati poi bravi scrittori, basti ricordare per gli ultimi due, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, il gran volume di libri che hanno pubblicato prima e dopo esser diventati Papa. Per Woijtila ben cinque opere, oltre le encicliche, le bolle papali e tutti gli altri testi. Si ricordano Varcare la soglia della speranza, saggio in occasione dei suoi primi quindici anni di pontificato, Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio che parla della sua vocazione, Trittico romano, meditazioni in forma di poesia nel quale mostra le sue doti da poeta, Alzatevi, andiamo, e Memora e Identità, spunti e pensieri tratti da colloqui a Castel Gandolfo.
Per Joseph Ratzinger, invece, l’opera in tre volumi su Gesù di Nazaret e Luce del mondo sono sicuramente tra le sue fatiche più importanti e esemplificative della grande capacità del Papa tedesco di tradurre in iscritto i suoi pensieri e i suoi studi. Mentre per Papa Bergoglio sembrano avere maggiore importanza le pubblicazioni a carattere catechetico e rivolte alle persone, come i suoi libri Il vero potere è il servizio e Corruzione e peccato.
I Papi, infine, nei due millenni della loro storia, hanno sempre suscitato interesse negli scrittori. Mastodontica, infatti, è la pubblicazione di opere sulla vita, il pensiero e i lati oscuri dei personaggi della chiesa di Cristo. Non c’è biblioteca al mondo che non disponga di un volume sugli alti prelati del Vaticano passati alla storia per la loro condotta di vita esemplare o spregiudicata. Esempio celeberrimo è quello di Celestino V, che avrebbe di certo voluto rinunciare al posto che Dante gli riservò nel girone infernale degli ignavi, perché colpevole del “gran rifiuto”.
E voi, lettori, a quale Papa vi sentite più vicini per i suoi interessi letterari?

 

 

Venerdì, 15 Marzo 2013 | di @Dario D’Auriente

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