La trama: Carlo e Lorenzo, anni ’70, gli anni di piombo. Due ragazzi, amici fin dall’adolescenza, uniti dai goliardici scherzi ai compagni e ai professori di scuola, dalla voglia di non studiare, dai sogni e dalle illusioni sull’avvenire, dalla gioia dell’età più bella, dall’amore per la vita. Condividono tutto: divertimenti, sigarette, pensieri e… perfino la stanza da letto perché, dopo la morte della madre di Lorenzo, l’unica famiglia disposta ad accoglierlo è quella di Carlo. Ma il fato ha in serbo giorni tristi e neri per i due ragazzi. L’adolescenza è ormai alle spalle e davanti a loro, adulti, si staglia il mondo, quello della ricerca e del bisogno di un lavoro. Per questo Lorenzo parte e si trasferisce a Oslo, provocando in Carlo il senso d’abbandono e l’odio nei confronti di quel suo amico che ora non c’è più. Non si sentono per anni, percorrendo vite separate, tra licenziamenti e amori. Ma una sera Stefania, la moglie di Lorenzo, viene rapita e, solo 11 mesi dopo, i suoi resti, trucidati e fatti a pezzi, vengono rinvenuti in due buste di plastica. Per Lorenzo è la fine, o meglio l’inizio della follia. Cieco, rintraccia il presunto omicida riducendo il “mostro” in pezzi, ma quella stessa notte la moglie gli compare in sogno, rivelandogli che non era lui il vero colpevole, che l’assassino è un altro… Francesco Scotti, nato a Genova in una sera piovosa dell’aprile del 1963 e sin da giovane impegnato nel settore immobiliare, indaga sull’essenza stessa della vita (breve e troppo ingannatrice) e della morte (sincera e eterna), percorrendo i binari instabili e tormentati della vendetta, comodamente seduto tra i vagoni di un treno dove compassione, bontà e amore sono passeggeri smarriti e l’unica certezza è l’ultima, inevitabile, fermata, l’unica libera scelta dell’essere umano: la follia.