Credetemi, se solo ci vedessero, capirebbero immediatamente la nostra disperazione di fronte a un libro indigeribile che fa venir voglia di strapparsi i capelli. Si tratta di persone fuori dal comune, che hanno portato la loro passione per il testo scritto alle conseguenze più incredibili.
Dopo l'ultima pagina, non si accontentano di riporre il volume accanto agli altri per lasciarlo ingiallire in santa pace. No. Loro il libro lo mangiano. E non gliene importa nulla se la cellulosa non è digeribile. L'unico modo per placare la loro ansia di sapere è inghiottire le pagine. E l'effetto del tempo sulla carta non sembra in grado di fermarli; al contrario accende la pulsione.
La patologia è nota. Il suo nome la dice lunga: bibliofagia. La nascita di alcuni modi di dire della nostra lingua pare convergere su un dato reale, forse un po' inquietante, in origine tutt'altro che metaforico.
Così, oltre alle colonie di minuscoli insetti, ai roditori che scavano le copertine e al solito cane che mangia i compiti per casa, si scopre una nuova categoria da annoverare tra i nemici del libro.
Ma dietro questo comportamento curioso, che ci fa sorridere di incredulità, c'è l'infelicità di una persona il cui desiderio irrefrenabile per il libro, per l'oggetto-libro, lo spinge ad appropriarsene nel modo più istintivo possibile: portandolo alla bocca.
La pratica è più diffusa di quanto si creda, e sicuramente molto antica. Un paio di riferimenti in proposito si trovano già nella Bibbia, e uno di essi è proprio nel celebre libro di Giovanni, l'Apocalisse.
Dall'anno zero ai giorni nostri, ogni generazione di libri ha avuto i propri amanti divoratori. C'è chi accusa l'ebook di essere l'assassino del libro cartaceo, ma in questo caso un solido corpo di plastica pare essere, almeno per il momento, l'unico rifugio sicuro.