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05 Mar
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"Tra antico e moderno": la riscossa del Meridione

Il problema è antico quanto l'Unità d'Italia e anche di più, ma da oltre centocinquanta anni soluzione non s'è trovata. Eppure, mai come ora, ai giorni d'oggi, la strada per cercare di risolvere la questione meridionale appare certo non essere in discesa ma, almeno, non più sterrata. E riuscirci, per molti, sembra essere l'unica soluzione possibile per il Bel Paese per sopravvivere alla crisi economica che attanaglia sempre più società, economia e finanza.

Di tutto questo e del bisogno di riscattare il Meridione d'Italia parla l'ultimo lavoro di Giuseppe Corona, politico irregolare, di strada, dal titolo "Tra antico e moderno. Europa, Italia, Meridione e Mediterraneo". 214 pagine, edite dalla BookSprint Edizioni e disponibili sia nella classica versione cartacea che in quella digitale, in cui c'è la chiave per la ripresa italiana.

 

L'autore viene da una lunga e attiva vita politica e sindacale, combattuta principalmente da indipendente. Il padre proviene dalla splendida terra dell'Irpinia, la madre è originaria dell'unica e singolare realtà napoletana, eppure Giuseppe Corona è nato a Molfetta, in provincia di Bari, per motivi legati alla guerra. In Puglia frequenta le scuole medie e il Ginnasio, prima di iscriversi all'università Federico II di Napoli, al corso di Medicina e Chirurgia. È in quel momento che comincia la sua eterna battaglia contro i poteri forti, a favore di studenti, professori universitari, operai, contadini, agricoltori, disoccupati e donne. È il dicembre del 1967 quando inizia il suo impegno politico, con l'occupazione dell'università partenopea. L'anno successivo diventa leader del Movimento studentesco e universitario della Federico II e, nel 1973, è nominato segretario della Sezione Universitaria del PCI, entrando in contatto anche con Giorgio Napolitano, allora responsabile della cultura del partito.

La sua battaglia è soprattutto per la tutela dei diritti degli operai e degli studenti che protestano nel '68 e quando, in relazione alla questione del salvataggio delle fabbriche Italsider, si scontra con i vertici del partito, si dimette. Nel 1978 è dirigente della Confederazione italiana coltivatori (prima CIC, poi CIA, fino al 2008) e intraprende collaborazioni con personalità di spicco della cultura e della politica italiana per la realizzazione di saggi e articoli sui temi sociali. Inizia a simpatizzare per il socialismo e per Craxi e questo lo allontana definitivamente dagli ambienti comunisti.

Si ritira per un lungo decennio a riflettere sui problemi della politica e sugli errori commessi, per cercare di proporre qualcosa di nuovo. Per questo vede nell'ascesa di Berlusconi l'uomo politico nuovo capace di dare la scossa a tutto l'ambiente. Nel 2002 decide così di rimettersi in gioco, diventando prima vicepresidente e poi presidente regionale della CIA. Gli errori del berlusconismo, sempre da lui denunciati con articoli comparsi sui principali quotidiani locali napoletani e campani come "Il Denaro" (su cui tuttora scrive), gli danno modo di mettere definitivamente un punto alle sue aspettative e collaborazioni politiche, facendolo optare per una strada non più istituzionale bensì individuale.

Da queste riflessioni nascono i suoi due libri, entrambi editi da Guida, noto editore partenopeo oggi fallito: "Del Pericolo e della salvezza" e "La Rotazione di Norfolk e la questione meridionale". Se nel primo saggio affronta le ragioni della malattia mortale dell'Occidente, nel secondo si sofferma, come il titolo lascia ipotizzare, sulla questione meridionale, ritrovandosi a discuterne anche in un convegno di fronte alla Commissione Affari Esteri della Camera. Per non essere accusato, però, di eccessivo meridionalismo, cambia il titolo dell'opera e l'editore, che diventano "Tra antico e moderno" stampato dalla BookSprint Edizioni, migliorando alcuni aspetti della precedente pubblicazione.

Il saggio-editoriale non vuole, infatti, essere l'ennesimo messaggio contro il nord e a favore del sud d'Italia. Partendo dalla Magna Grecia e attraverso un'audace e autentica ricostruzione storica, ha invece l'obiettivo di trovare gli strumenti giusti per garantire al Paese la fuoriuscita dalla crisi. È uno sguardo, dal Meridione, sull'Italia intera e sull'Europa. L'idea di base è la centralità del Mediterraneo, andata persa con la scoperta delle Americhe e con l'avvento del Risorgimento, ma soprattutto con la perdita della convinzione che religioso, poesia, filosofia e politica siano i quattro aspetti dell'agire politico autentico. Secondo l'autore, solo la riscoperta di questi principi ispiratori potranno riconsegnare al Mediterraneo il suo ruolo prominente nell'economia e nella storia mondiale.

La questione meridionale, inoltre, deriverebbe dalla negazione dei poteri forti e del potere politico centrale delle condizioni necessarie affinché anche il sud d'Italia possa mettere in pratica la rivoluzione agricola (rotazione di Norfolk), che fu alla base e all'origine del capitalismo inglese e del successo del Settentrione. Da ciò l'esigenza di fuoriuscire dall'eurozona, perché l'Euro è destinato a crollare, per trasformare lo Stivale in una federazione in cui Roma e Napoli siano in simbiosi nel ruolo di Capitale italiana del Mediterraneo.

Ecco perché "Tra antico e moderno" rappresenta il manifesto, diretto soprattutto alle nuove e giovani generazioni, per rilanciare il ruolo dell'Italia nel mare nostrum e nel mondo, a partire dalla riscossa del Meridione.

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Mercoledì, 05 Marzo 2014 | di @Dario D’Auriente

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