E come avrebbe potuto l’originale ed eccentrico Oscar Wilde introdurre il suo punto di vista sul tema della vecchiaia, se non con le parole che il giovane Dorian Gray adotta, parlando al suo ritrattista, per fargli capire che la bellezza svanirà?
«Si» continuò «per te valgo meno del tuo Ermes d'avorio o del tuo fauno d'argento: quelli ti piaceranno sempre, ma fino a quando io ti piacerò? Probabilmente fino al giorno in cui avrò la prima ruga.»
Orgoglio e pregiudizio sarebbe stato lo stesso se la Austen avesse optato per una forma di scrittura diversa e meno dialogata? Certo, un romanzo senza dialogo può esistere, può essere scritto, ma mancherebbe senz’altro dell’indubbia attrattiva che esso esercita sul lettore. Il dialogo esiste, infatti, in quanto permette di trasmettere informazioni al lettore, rendere note le emozioni dei personaggi e farne capire meglio il carattere, facilitando l’empatia tra lettore e protagonisti della storia. Lasciare spazio ai dialoghi significa lasciare spazio ai personaggi, renderli più veri, aiutare il lettore a calarsi nella vicenda.
Molti scrittori emergenti hanno dei problemi con l’uso dei dialoghi, ma le regole da seguire sono abbastanza semplici: bisogna rendere le conversazioni verosimili, vicine alla realtà, evitando banalità e arricchendo il tutto con accenni sulla gestualità.