Da quanto tempo fai la libraia?
“Lavoro in libreria da sei anni, ho rilevato la libreria in cui ero dipendente da tre. Lavorare qui è stato un po' un colpo di fortuna, poi mi sono appassionata al lavoro sempre di più. I libri a casa mia sono sempre stati pane quotidiano: mio padre, da piccola, invece che le favole, mi leggeva i grandi classici. Mi vanto di aver letto “Piccole Donne” in edizione integrale a soli sette anni”.
Qual è l'aspetto del tuo lavoro che ti coinvolge di più emotivamente?
“Sicuramente il rapporto con i clienti, il saper trovare il libro giusto per la persona giusta… una tecnica che si impara col tempo e l'esperienza. Non si tratta di consigliare i libri che piacciono a me, ma i libri che possono piacere a quella persona (e che magari io detesterei)”.
Come conquisti il cliente appena entra in libreria?
“Ogni cliente ha le sue esigenze: ci sono quelli che vogliono girarsi la libreria ed esser lasciati in pace, quelli che senza un mio consiglio si rifiutano di comprare un libro. In genere cerco, comunque, di creare un clima scherzoso. E da un anno le pubbliche relazioni le cura anche il mio cagnolino che accoglie tutti, specie i bambini, festosamente. È un bastardino, è eccezionale e molto affettuoso. Ormai lo conoscono tutti e se non lo vedono mi chiedono notizie! Si chiama Snoopy, il nome non è originale ma per me ha un significato, perché sono appassionata dei Peanuts”.
Ricordi qualche cliente che ti ha colpito in particolare?
“Il contatto con la gente è fonte di stupore sempre, diciamo che in negativo mi ha colpito un'insegnante di lettere che mi diceva questi scrittori italiani di oggi sono pessimi, e io cercavo di consigliarle classici e saggi, ma poi lei, in realtà, leggeva un'autrice stra-commerciale e francamente scadente, esaltandola. Mi ha lasciata perplessa. In positivo, invece, mi ricordo di una ragazza down che leggeva cose incredibili: classici della letteratura e saggi! Parlo al passato perché purtroppo, da dopo la morte della mamma, non l'ho vista più”.
In questi sei anni come è cambiato il mercato del libro? La crisi, gli ebook, cosa sta succedendo?
“Tasto molto, molto dolente. Forse più che quello del libro, è cambiato il mercato in genere. A livello editoriale, il fenomeno principale è che difficilmente ultimamente si creano grandi casi editoriali, se si escludono recentemente quello del libro di Gramellini o le famose Sfumature. Ma prima di questi, per un paio di anni, c'è stato il vuoto più assoluto: buoni libri ma niente che trascinasse davvero il mercato; niente che possa cambiare il fatturato di una libreria”.
E la rivoluzione digitale?
“I libri elettronici ancora non incidono in modo significativo, ma probabilmente si vedrà un cambiamento nel giro di un anno. Per ora il cartaceo tiene, gli italiani hanno poca dimestichezza con le carte di credito (questo è quello che senti dire più spesso come obiezione agli ebook). Ma le evoluzioni sono inevitabili, bisogna saperle cogliere e saper vedere dove portano. Certo che se dovesse esserci una rivoluzione totale, come per il mercato musicale, sarebbe un guaio per noi: qui a Vicenza hanno chiuso tutti i negozi di musica e video esistenti, non ce ne sono più del tutto!”
C'è un genere che comunque ha resistito alla crisi?
I best-seller e senz'altro i libri di cucina, al traino delle varie trasmissioni televisive.
Lavorando in una libreria, ti viene ancora più voglia di leggere oppure ne hai la nausea?
“È cambiato molto nel tempo: da bambina il libro era assolutamente un rifugio eccezionale. Ero figlia unica e, se non giocavo con gli amichetti, avevo il libro come compagnia di bellissimi pomeriggi e amavo moltissimo rileggere. Da studentessa, poi, era un po' una fuga dal dovere dello studio (la settimana prima dell'esame di maturità ero esasperata e ho letto una quantità incredibile di libri). Ora sono in una fase un po' di crisi, nel senso che ho bisogno di un cambio di genere, ma ancora devo trovare quello che mi possa coinvolgere davvero. Per questo leggo per lavoro più che per piacere al momento”.
Hai un libro e un autore preferito?
“Secondo me non ce ne può essere uno che valga per tutta la vita, nel senso che, appunto, col tempo si cambia. Uno dei romanzi capolavoro assoluto della letteratura mondiale, per psicologia dei personaggi e riflessione storica e filosofica, è Guerra e pace. Io mi chiamo Sonia proprio da lì, tra l'altro”.
Arnoldo Mondadori voleva portare la cultura direttamente nelle case dei lettori. Secondo te a che punto siamo?
“Secondo me è vero che le grandi case editrici italiane, non solo Mondadori, hanno fatto un grande lavoro di diffusione del libro in un paese che usciva dalla guerra semi-analfabeta. Il problema è che poi, appunto, a causa di una scuola non di grande qualità e della tv (che alla fine in Italia è stato il più grande mezzo di diffusione culturale fino agli anni ‘80) c'è stato un po’ un analfabetismo culturale di ritorno. Dagli anni ‘80 in poi, cioè, la cultura è diventata qualcosa per pochi”.
Oggi riflettevo su una citazione di Groucho Marx: “Trovo che la televisione sia molto educativa. Ogni volta che qualcuno l’accende, vado in un’altra stanza a leggere un libro”. Ti senti di condividerla?
“Assolutamente sì, ma non sono contro la televisione a priori. Se usata bene è uno straordinario mezzo di diffusione culturale: quanta gente viene in libreria dopo aver guardato Fazio nel week end, incuriosita dai libri presentati, oppure altre operazioni come Benigni con la Divina Commedia eccetera. Purtroppo non si vuole accettare che il pubblico è pronto anche a queste cose, specie nei canali generalisti”.