«La parola è stato uno dei primi strumenti di libertà. Senza questo dono, l’uomo sarebbe stato incapace di esprimere le proprie idee, e le grandi rivoluzioni della Storia non sarebbero mai avvenute. Senza la parola non saremmo stati degli uomini liberi».
Cantante chitarrista che ha girato l’Europa, Mino Remoli è un esperto di teatro, e si dedica alla scrittura sin da giovanissimo – di recente ha avuto l’opportunità di affinare la propria penna presso la celebre Holden, la scuola di scrittura creativa di Baricco. «La mia carriera artistica si è sempre divisa tra musica e teatro. Sono autore diverse opere, alcune delle quali sono state rappresentate con successo in Italia. Ho scritto questo lavoro soprattutto per i giovani che vogliono fare teatro, che hanno la passione per lo spettacolo. Voglio dargli delle indicazioni precise prima di avventurarsi in questa grande giungla».
Per Mino Remoli «la parola non significa soltanto parlare, ma andare alla ricerca di qualcosa da dire. Non la si trova fra gli scaffali di un magazzino o nei vocabolari dove essa riposa, ma nasce dalla vita, dalle nostre coscienze e dalla concretezza delle singole esigenze. Senza la sua creatività la parola resta solo un fantasma, […] un asfittico mezzo di comunicazione che non comunica niente. Il vocabolario è il cimitero delle parole, è là che sono seppellite. La creatività fa vivere le parole, dà loro un nuovo significato. Perché la parola non nasce dal vocabolario, ma dalle emozioni, dalla nostra intimità. Scrivere vuol dire avere delle emozioni, altrimenti si diventa accademici È proprio con il teatro che «la parola acquista la sua forma vitale, raccoglie i brandelli delle nostre emozioni e li mette sul palco con una creatività e una capacità di coinvolgimento che va al di là delle tecniche e delle convenzioni sociali».
“Pedagogia del linguaggio” è un valido supporto per acquisire conoscenza e dimestichezza nell’arte della comunicazione, sia in campo professionale che nella vita quotidiana, per relazionarsi coi propri interlocutori e riscoprire la bellezza della più elementare necessità sociale.