Le liriche che possiamo leggere in “Di tutto un po’” non hanno un ordine ben preciso, difettando di qualsivoglia gerarchizzazione, mentre parlano dei più disparati argomenti. La maggioranza pare essere il risultato di un’immagine, di un’emozione, spesse volte di un’osservazione. Alcune volte ci sono dei giudizi morali o personali, altre volte l’autore preferisce lasciare questo processo a chi leggerà, a cui pare rivolgersi. Lo fa sicuramente nell’introduzione, da lui scritta, la quale chiude con una domanda al lettore: “Io mi sono divertito, e voi?”. Questo è il fil rouge dell’opera; il divertimento e la gioia. Alessandro Giant Milne si è divertito a scrivere questi suoi pensieri, queste sue elucubrazioni, e si preoccupa di riuscire a far provare lo stesso a chi lo legge.
L’autore riferisce che giudicava “[…] necessario mettere insieme la mia allegria di napoletano”. È il termine “necessario” che ci dà la misura dell’importanza riservata alla risata. Così necessario da essere anche volgare (come la vita a volte può essere), anche realista, così necessario da raccontarci delle risposte a bruciapelo, delle stoccate, delle battute e delle suggestioni che l’autore vive nella sua Napoli, una Napoli splendente e silente, che dietro queste liriche, pare nascondersi.