Con una fluida prosa narrativa l’autore snoda questo groviglio di emozioni che il tempo non ha indebolito.
“Il tragitto fino all’automobile fu un susseguirsi di pensieri e il viaggio verso casa una cosa che posso riassumere con tre parole: voglia di rivederlo”.
In un lasso temporale assai ridotto, prorompe il malinconico desiderio di due anime che si sono perdute e che ora, a distanza di vent’anni, attraverso una scelta premeditata mascherata da fortuita fatalità, attuano l’unico e ultimo tentativo che gli sia concesso per una profonda conoscenza reciproca. Neppure il pensiero della sofferenza che potrebbero causare a chi attualmente occupa, o dovrebbe occupare, un posto speciale nei loro rispettivi cuori ferma Alex e Giulia; il compagno di quest’ultima assiste, quasi impotente, allo straniamento della donna che ama, diversamente da Annalisa che comprende con quanta fatica la madre cerchi di conoscere e accompagnare Alex verso il suo viaggio senza ritorno.
È nella parte finale del romanzo, in tutto 188 pagine edite dalla Booksprint, che accade l’inatteso: il racconto si fa concitato; nei dialoghi, che pur mantengono il garbo del registro comune, traspare l’inquietudine di chi ha lottato inutilmente. Ma proprio quanto tutto sembra perduto, la storia percorre un binario parallelo, imprevisto ed imprevedibile.
Potremmo pensare che Bassani, per scrivere il suo romanzo, si sia ispirato al Brenta: le vicende della vita, come l’acqua del fiume, non cessano mai di avanzare lungo il cammino stabilito dal destino; e nel fiume, quindi nella vita, risuona la voce del tempo.
Come due corsi d’acqua distinti e risoluti nel loro andare, così Alex e Giulia consumano le loro leggerezze giovanili, giungono alla matura consapevolezza del dolore per incamminarsi verso il sogno dell’unicità.
Gabriele Bassani, con questo suo romanzo, cattura il lettore, e lo fa non solo con l’evolversi della trama, ma anche con la bellezza delle metafore, con la grazia delle parole.