Scegliere come argomento principale il terrorismo internazionale non è cosa semplice, ma il professore sa di avere le basi per poterlo fare. Rendere l’argomento affascinante è impresa ardua, ma lo scrittore sa come farlo. Per questo rinuncia alla presenza ingombrante di un narratore onnipresente, alla tentazione di spiegare dall’esterno le fitte, losche trame del contesto internazionale. Marchi lascia che la storia si sviluppi da sé, dando voce ai personaggi, lasciandogli aria e spazio. Ed è per questo che le pagine respirano e scorrono una dietro l’altra, con aperture descrittive stupende su paesaggi incantevoli e maledetti:
Il silenzio era totale, rotto di tanto in tanto dal fruscio del vento che soffiando a calde folate scuoteva la rada vegetazione rinsecchita. Erano gli ultimi giorni di agosto e nonostante non fossero ancora le undici di mattina, la temperatura superava i trenta gradi. Dai tucul di fango e tronchi, col tetto di paglia, non veniva alcun segno di vita. Solo qualche cane razzolava stancamente intorno alle capanne alla ricerca di qualcosa da mangiare, lanciando di tanto in tanto un ululato che si disperdeva nell'aria arroventata.
Il commissario di polizia Lorenzo Bellini e la giornalista freelance italo canadese Clara Galanti sono i protagonisti della vicenda. Attraverso i loro occhi e sentimenti, il quadro appare chiaro e nitido. Le anime dei due sono le porte che ci schiudono un mondo fatto di orrori e attentati, ma dal sangue e dal fango riemergono prepotenti l’immensità, e l’amore.