Gocce d’inchiostro, sparse qua e là nelle 44 pagine dell’opera, frammenti di pensieri, ricordi, attimi, con cui l’autore mostra alcune sfumature del suo mondo interiore, affrontando i temi a lui cari dell’amicizia, dell’amore, della solitudine e della religione.
Le liriche sono ben disposte all’interno dell’opera, assecondando un viaggio che vuole essere catartico e quasi d’esempio, verso mete possibili solo grazie all’introspezione. Ecco perché uno stile chiaro ed asciutto, accessibile e melodioso, accompagna il lettore in un percorso intimistico che man mano si fa sempre più interiore e spirituale, alla ricerca di una quiete apparentemente irraggiungibile, ma che può essere trovata guardando e scavando con attenzione dentro di sé.
Ed è quello che ha fatto Ernesto Dilivio, nato in Sardegna, in un piccolo paese nel nord-ovest, nel 1962. Quarto di sei figli, cresciuto all’interno di una famiglia dalle modeste condizioni economiche, ha sin da piccolo sviluppato una profonda passione per l’arte poetica, ritagliando lettere, parole e versi da scrivere per accompagnare e superare i momenti difficili della sua giovane esistenza. I primi componimenti risalgono, perciò, al periodo immediatamente successivo alla maggiore età e non lo abbandonano più, nonostante i problemi di salute che gli impediscono di continuare il lavoro di dipendente regionale dopo soli 13 anni di servizio. Sposato e con due figli, “Gocce d’inchiostro” è il frutto della sua maturazione sia personale sia da artista.
Stati d’animo, moti interiori, vicende vissute in prima persona, delusioni e momenti felici si uniscono nella sua vita, intrecciandosi ad una verve fantasiosa che dà origine a poesie profonde e sublimi dedicate a parenti, amici e conoscenti, in cui i suoni, i ritmi e i colori danno quel tocco di magia che solo un poeta è in grado di dare ai versi.