Esemplari di questa tendenza sono le illustrazioni presenti. Semplici figure tratteggiate a matita, in grado di essere tanto scarne quanto evocative.
Nel primo racconto intitolato “K”, Roberto Mulas sceglie di affrontare il tema della malattia e del cancro attraverso l'esperienza umana dei personaggi. Profonda è la conoscenza della questione, attenta l’osservazione, cruciale l’esperienza di medico, dalla cui professione nasce l’ispirazione per “K”. È una lettura che lascia con l’amaro in bocca, sorprendendo per la forza della forma e dei contenuti. Il secondo racconto, “Ultimo minuto”, gioca con il concetto di tempo e di pluralità e che coinvolge le vicende, contemporanee, di sei personaggi che non s’incontrano ma le cui vite sembrano destinate ad intrecciarsi. Infine la poesia "San Clemente" (posta fra i due racconti) in cui l’immagine della nebbia s’impone come suggestione reale e spirito metaforico.
L’opera di Mulas risulta notevole. È uno splendido libro difficile da classificare, che ci lascia un ampio spazio di riflessione e la voglia di leggerne presto un altro. È un libro che tende a mettere in prospettiva il ruolo dell’uomo di fronte al destino e alla sua stessa sensibilità. L’autore d’altronde pare esserne consapevole visto che sceglie di introdurre il proprio lavoro con una citazione dall’Epopea di Gilgamesh, il racconto epico più antico pervenutoci, che dice: “L’uomo, il più alto, non può raggiungere il cielo, l’uomo, il più grosso, non può coprire la terra”. A riconferma di quanto piccoli, ma al contempo importanti siamo, per l’universo.