Le favole di Candelora Giglio traggono origine da un intento educativo. L’autrice scrive per lasciare ai suoi quattro nipoti, fonte di ispirazione a cui il libro è dedicato, degli insegnamenti. Seguendo il detto “verba volant, scripta manent”, Candelora affida ai personaggi ed alle trame delle sue favole il compito di proporre al lettore una visione alternativa del reale. I principi e le principesse, protagonisti dei racconti, possiedono nomi evocativi e sono calati in un mondo irreale, caratterizzato dalla bellezza e dalla meraviglia. «La regina Giada e il re Corallo cercavano un nome per il principino che doveva nascere, scelsero di chiamarlo Smeraldo per il colore verde. Amavano tanto i colori, anche sul castello c’era un arcobaleno.» I racconti, inoltre, sono estranei a qualsiasi contesto temporale e le vicende, che si inquadrano in un tempo non definito, hanno tutti una lieta conclusione. «Il principe era felice di aver trovato una sposa come lei. La portò via sul suo cavallo bianco, e vissero felici per l’eternità.»
Il messaggio di positività di Candelora Giglio non verrà sbiadito dal tempo perché l’autrice lo fissa sulle pagine del suo libro, la cui lettura scorre e diventa momento si evasione nel mondo incantato della bellezza. Il segreto del mondo magico della meraviglia è racchiuso nella capacità di vivere rallegrandosi della semplicità, la stessa semplicità a cui l’autrice è stata educata nel corso della sua infanzia e che ancora oggi continua ad ispirarla.