Ileana Tudor affronta un tema molto delicato, quello delle persecuzioni contro le comunità ebraiche dell’Europa centro-orientale, dai pogrom ai giorni nostri, passando per il terribile olocausto. Ma lo fa attraverso una chiave di lettura non comune, che ai più potrebbe apparire leggera: la musica. Ma a più attenta riflessione si capisce bene che la musica, specialmente per quei popoli oppressi, senza stato, non riconosciuti, significa proclamare la propria identità, gridare in faccia al mondo la realtà della propria esistenza. E il canto diventa la più grande affermazione della volontà di vita.
Notevole la capacità dell’autrice di dar forma alle vibrazioni sonore attraverso la descrizione:
Le note scorrono dolcemente, ripartono dopo un momento di esitazione, si dissolvono in numeri magici, si spandono come le onde del mare sulla spiaggia, ritornano nel mare invadendo tutta l’acqua e scivolano tra le dita di un violinista spensierato. Le chiome degli alberi tremano, ondeggiano sotto il peso degli uccelli, i gabbiani volano e si tuffano nell’acqua e i cormorani si alzano in volo contro il tramonto. Le note volano alte nel cielo e si disperdono nel vuoto. Le foglie le ha portate via il vento, ma qualcuna è rimasta lì come il canto.
Spensierata o disperata, la musica accompagna la dura realtà delle comunità ebraiche, in un libro che si segnala come novità, e come modo nuovo di narrare.