Era poco meno di un anno fa ( 9 ottobre 2012) quando Malala, in autobus nella sua Swat, era di ritorno da scuola insieme alle proprie compagne di classe. Quel maledetto autobus sul quale sono saliti i talebani, colpendola con diversi colpi di pistola alla testa e al collo, perché lei doveva tacere, non doveva più esistere: perché lei era il simbolo degli infedeli e dell’oscenità, perché lei li stava sfidando con il semplice gesto di andare a scuola.
Ma Malala, una semplice ragazzina di 16 anni, è stata più forte anche dei proiettili, ha sfidato anche la morte e con l’aiuto dei medici di Peshawar è tornata a sorridere, è tornata a leggere, è tornata a studiare. Sfidando anche il suo stesso nome, che in pachistano significa “addolorata”. Addolorata si, ma testarda anche.
Lo ha fatto perché Malala vuole studiare, non le importa dove, non le importa come, “non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Voglio solo istruzione. E non ho paura di nessuno”. E vuole che, insieme a lei, tutti i bambini e i ragazzi del mondo abbiano il diritto di farlo, abbiano il diritto di studiare.
A 13 anni, per la BBC, ha scritto un diario, un blog, per documentare l’occupazione militare dei talebani in Pakistan e nel suo distretto. È stata questa la sua unica colpa. Quella di informare, quella di raccontare la verità.
Con la sua lotta pacifista, Malala è diventata la più giovane candidata al Premio Nobel per la pace e, in occasione del suo sedicesimo compleanno, è stata accolta al Palazzo di vetro dell’ONU dal generale Ban Ki-Moon per presentare la petizione da lei lanciata in tutto il mondo per il diritto all’istruzione. Nel discorso, che ha tenuto davanti alle persone più importanti e influenti del globo, una semplice ragazzina di appena 16 anni ha avuto il coraggio di affermare che “sono qui per il diritto all’istruzione per tutti. Anche per i figli e le figlie dei talebani. Prendete i vostri libri e le vostre penne, sono la vostra arma più potente. Un bambino, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo”.
E Malala ne è convinta, tanto da ribadire, in occasione della presentazione della biblioteca di Birmingham, la più grande d’Europa – che raccoglie libri pubblicati dalle case editrici di tutto il mondo –, che “le penne e i libri sono le armi che possono vincere il terrorismo”. Perché “una città senza libri e senza biblioteche è un cimitero”. È una città già morta, che ha perso anche la voglia di vivere.
E allora grazie, grazie Malala, perché è solo merito tuo se i 57 milioni di bambini al mondo che ancora non ricevono un’istruzione adeguata forse, un giorno, potranno davvero iniziare a vivere.