“Mythos” (356 pagine), uscito per BookSprint Edizioni nel 2010, è un romanzo di fantasia, basato però su documenti storici. «”Mythos è colui che porta l’acqua, fonte di vita e di sapere, a Kronos, dio del Tempo”», dice afferma l’autore dalle pagine del quotidiano. «“Eutymos, personaggio principale del romanzo, è un guerriero locrese che per tre volte vince le olimpiadi; per questo è considerato un semidio, tanto che Pericle lo chiama proprio Mythos”».
Ma “Mythos” è anche il racconto dell’altra storia dei Bronzi. Montefusco è un profondo conoscitore dell’argomento, e ha costruito il suo romanzo sulla base di teorie e ipotesi già sostenute da altri studiosi. È probabile che sul fondale ci fossero non due statue, ma sette. Che fine hanno fatto le altre?
Ecco cosa dicono i documenti ufficiali. Stefano Mariottini, sub dilettante che per primo ha avvistato i Bronzi, nella denuncia ufficiale depositata il 17 agosto 1972, racconta di aver visto “un gruppo di statue, presumibilmente di bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l'una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con gamba sopravanzante rispetto all'altra. L'altra risulta coricata su di un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo” (Fonte: Wikipedia) Il messaggio è chiaro: un gruppo di statue, di cui due emergenti.
«Le sculture erano in totale sette», scrive ancora StrettoWeb, «e raffiguravano i guerrieri di Polinice che nella tragedia Eschilea, “I sette contro Tebe”, si scontrarono contro i guerrieri del fratello Eteocle presso le sette porte di Tebe. Le due ritrovate sono probabilmente il Tideo (bronzo A, il giovane) e l’Afianaro (bronzo B, il vecchio) […]. I cinque bronzi mancanti sarebbero così stati trafugati dopo l’avvistamento subacqueo di Mariottini».
Tornati visibili al pubblico, i Bronzi di Riace sono oggi rinnovati protagonisti del loro territorio, tanto da essere gli attori principali dello spot turistico cui Giancarlo Giannini ha prestato la voce. L’opera di Paolo Montefusco si inserisce in questo contesto di nuovo splendore. Ma lo sguardo dei due uomini di bronzo resta imperturbabile e oscuro, forse rivolto verso i cinque fratelli perduti.