Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato a Triggiano il 31 luglio del 1955, ma vivo nel paese che mi ha adottato dall’età di dodici anni, Grumo Appula.
Ho conseguito la maturità classica presso il Liceo Classico Carmine Sylos in Bitonto (BA). Iscritto alla facoltà di medicina e chirurgia di Bari, dopo aver superato gli esami del biennio decisi di interrompere gli studi perché in arrivo una dolce sorpresa: la nascita della mia primogenita.
Mi interessa il Teatro o per meglio specificare “fare teatro” in quanto commediografo, attore e regista.
Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Chi meglio di me potrebbe fornire questo consiglio! Secondo Pascoli, in ogni uomo si cela un «fanciullino», ovvero la capacità di guardare con stupore a quanto lo circonda. Bene, dovete sapere che in me quel fanciullino non si è mai sopito. Mi sento un eterno Peter Pan alla ricerca dell’Isola che non c’è. Per cui da adolescente, mi permetto di consigliare ai miei coetanei: Peter Pan, L'Isola del Tesoro, di Stevenson, le avventure di Oliver Twist, il Piccolo Lord e tanti altri che per il loro contenuto umanitario e didascalico riconciliano con la vita.
Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
La digitalizzazione è oggi una realtà con la quale, purtroppo, dobbiamo fare i conti e alla quale dovremo adeguarci. È un argomento che un po' mi rende triste perché il libro di carta rimarrà per sempre un’altra cosa. Il profumo della carta con la quale l’autore si racconta o racconta ha un sapore e un gusto decisamente diverso da quello che può essere trasmesso via internet.
La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
No, non direi proprio un colpo di fulmine, né un amore ponderato. L’amore per la scrittura è sempre conseguenza di un qualcosa che ti trascina e ti spinge ad iniziare: nel mio caso l’input è scaturito dal mio amore per il teatro e la recitazione e dalla necessità di denunciare le ingiustizie socio economiche di una realtà incancrenita. Così ho iniziato a scrivere commedie in vernacolo. Commedie comiche ma dal retrogusto dolce-amaro, che scavano nella psicologia dei personaggi, immersi in un realismo popolare tipicamente pugliese.
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
La consapevolezza che il mio passato non potrà essere rivissuto. Di qui la necessità di ricordare e tramandare alle nuove generazioni le tradizioni, il vernacolo, cordone ombelicale che ci lega e alimenta il legame indissolubile con la nostra amata terra. Parliamo di un patrimonio che si sta sciogliendo come neve al sole, rischiando l’estinzione.
Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Ecco, nel mio libro non racconto la storia del mio paese ma “le storie degli umili” attraverso i fatti della quotidianità. Se non l’avessi fatto il loro vissuto non sarebbe mai stato menzionato o preso in considerazione dalla storiografia "ufficiale”, Il messaggio che ho voluto inviare è questo: tutti conosciamo il grande Totò e la sua ‘A livella, che alla fine così recita:
"Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!
T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella
che staje malato ancora e' fantasia?...
'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella.
'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo,
trasenno stu canciello ha fatt'o punto
c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme:
tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?
Perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo,
suppuorteme vicino-che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"
La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Direi piuttosto che è conseguenza del mio passato impegno sociale, politico e artistico… delle mie esperienze che hanno segnato e caratterizzato il mio tempo.
C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Riguardo a questo libro il carissimo ricordo che ho dello zio Raffaele e della Zia Nina e del tempo spensierato e giulivo trascorso con i miei cugini e compagni di quartiere.
Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
No, perché è stata una sfida con me stesso. Ho sempre considerato la mia vita “un’incompiuta”, paragonabile alla decima sinfonia di Beethoven. Almeno un risultato dovevo pur portarlo in porto.
Il suo autore del passato preferito?
Ce ne sono parecchi. Il grande Eduardo in primis, per quanto riguarda le tematiche sociali affrontate nelle sue commedie e l’uso della lingua napoletana che è nel mio DNA, essendo nipote di un grande artista quale era mio nonno materno, Abbonante Manfredi, di Benevento, maestro nell’arte delle marionette. William Shakespeare con i suoi Macbeth, Romeo e Giulietta, Amleto. Ernest Hemingway con i suoi: il sole sorge ancora, Addio alle armi, Il vecchio e il mare. Insomma, c’è l’imbarazzo della scelta.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Innanzitutto ritengo sia un sistema validissimo per offrire un servizio utile a soggetti con disabilità visiva e poi, la lettura di un libro, interpretata da uno speaker che ci mette anima e professionalità può dare all’ascoltatore forti emozioni.