Franco Iantosca nasce a Napoli dove si laurea in Medicina e Chirurgia per poi trasferirsi a Jesi, dove abita dal 1979. Si specializza in Chirurgia Toracica, Chirurgia addominale ed endoscopia digestiva. Attualmente è responsabile del servizio di “Gastroenterologia ed endoscopia digestiva” presso l’Ospedale di Jesi. Ha un figlio e tante passioni come lo sport, la lettura, la letteratura.
“Sognando” si presenta come una piacevole raccolta di poesie. Messagge is medium diceva McLhuan, ed è vero anche in questo caso. Le poesie napoletane riprendono infatti i temi tipici della lirica partenopea. Dal dialogo alquanto ironico con la Morte all’amore difficile e tormentato per una donna dal cuore di pietra, fino alla metafora dell’amata come più splendente stella nel cielo notturno. Franco Iantosca rinuncia ad ogni eccessivo sofismo poetico, e il risultato è una totale immediatezza delle sue poesie.
Nella splendida prefazione del libro Monica De Berardinis dice: “Sognando... i ricordi di una gioventù ormai lontana, trascorsa come un soffio di vento in primavera… Amori passionali, intensi e burrascosi… Ricordi di persone care che non ci sono più… Un arco di vita passato velocemente… come un sogno!” È questa la conferma alla prima timida intuizione che si ha di fronte a “Sognando”. Non importa se le poesie sono state scritte molti anni prima (alcune sono datate e riportano date a partire dal ’68) perché quello che Franco Iantosca ci rivela è che il segno degli anni non estingue del tutto gli incendi della propria anima. Ogni dolore o esperienza vissuta diventa segno su un foglio di carta che nasce bianco. Segno dopo segno si creano reticoli, curve, figure geometriche e chi ha il dono di leggerle ne riconosce mappe, chi ha in se la divina scintilla della creatività ne comprende il significato, ma solo chi ha una possente e sensibile percezione del mondo e dell’uomo ha i presupposti per seguirla a ritroso, in un viaggio di ricerca verso il vecchio che è anche un po’ nuovo in viaggio, in ultima analisi, a ritroso nel tempo. Che tanto alla fine, come sempre, dove si arriva non è mai davvero importante. Non più del viaggiare.