Storia di un “bamboccione”? Certo che no. Pini analizza gli effetti che alcuni giudizi possono produrre sulla psiche umana. L’epiteto di “mammone”, attribuitogli dalla fidanzata, condizionerà a lungo il protagonista Alberto.
Ma questo romanzo è molto altro. La vita porterà Alberto a lasciare l’Italia per il Brasile, per poi fare ritorno, molti anni dopo, nel paese natio. Quando ormai è un uomo segnato da tre storie d’amore molto diverse, alcune ancora in grado di bruciare, altre che forse non hanno mai preso fuoco. Quando il tempo non è più quello dilatato della giovinezza, fatto di onde e orizzonti sterminati, ma quello ristretto della maturità, che da mare è divenuto lago.
Alberto misura la distanza tra l’essere e il dover essere. Lui, «autocondizionato dal bisogno di “farsi lucidare le scarpe”, dalla paura della povertà, da una religiosità di facciata, inseguirà l’amore perduto. Ritroverà anche ragioni più vere per credere, grazie a un prete di frontiera e a un architetto agnostico che “sterzerà” anche lui oltre l’atroce seduzione del nulla eterno. Una svolta propiziata dal progetto di ricostruzione del paese di Savogno come Borgo del Creatore».
Pini ha confezionato un romanzo ricco, che si caratterizza anche per l’ottima impostazione narrativa, fluida e ben articolata. Notevole la caratterizzazione dei personaggi, disegnati con delicatezza e profondità, tanto che sembrano quasi reali, con le loro paure, delusioni, incertezze. Suggestiva la scelta dei titoli dei capitoli, per nulla scontata la conclusione («Il sipario si chiuderà a sorpresa», dice l’autore).
Carlo Pini vive a Roma ma è originario di Grosio (So). Non nuovo al mondo della letteratura, collabora con Insieme a Roma della Famiglia Valtellinese e con Il Graffito, mensile della biblioteca civica del suo paese.