Il romanzo dal titolo “Che io bruci. Rapsodia ferrarese” (Faust Edizioni, collana “I Nidi”, 164 pagine) racconta di Romeo Corvini, imprenditore fallito, che a 150 chilometri orari, su di una strada provinciale incontra/scontra Villiam Ardesia, un giovane dal passato tormentato che sta lottando per superare le parti più oscure della propria vita. Questo scontro, che non si rivela, solamente, tra due autovetture, ma tra due vite diverse, è la forza motrice dell’intera trama. Alessandro Chiarelli utilizza quest’incontro/scontro per introdurci nel racconto, lucido e appassionato, di due vite distanti che, pian piano, disvelano ombre sempre maggiormente definite. Sarà Cosimo Ardesia, fratello di Villiam e commissario della questura, a compiere questa riscoperta nel passato del fratello e della sua famiglia, scoprendo particolari e realtà che mai avrebbe immaginato.
Alessandro Chiarelli nasce nel 1966 a Ferrara. Si laurea in “Scienze dell’Amministrazione” all’Università di Urbino e successivamente in “Scienze Politiche” con indirizzo sociologico all’Università di Perugia con una tesi sulla Sociologia della violenza domestica. È sostituto Commissario della Polizia di Stato e responsabile dell’Ufficio Minori della Questura di Ferrara. Ricopre anche il ruolo di segretario provinciale della SIAP (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia). Dal 2010 è docente presso l’Università di Ferrara al Master di secondo grado per la specializzazione "Tutela, diritti e protezione dei minori”. Da questa formazione nasce “Che io bruci. Rapsodia ferrarese”. Nel romanzo, infatti, sono presenti: la città di Ferrara, che l’autore ben conosce ( e che, inoltre, critica, riferendosi, specialmente, alla realtà culturale degli ultimi anni); i suoi studi di sociologia e quelli sulla violenza sui minori; e, non ultimo, il suo lavoro nell’ambito della questura, che lo avvicina alla figura del commissario Ardesia. Queste profonde conoscenze permettono alla penna dell’autore di tracciare, su carta, punti di vista realistici e mai banali. Il romanzo è intriso da questo senso di “realtà” ed a volte si ha la netta sensazione che si parli quasi di un fatto di cronaca, di una storia vera, per noi lettori romanzata. Una simile operazione Alessandro Chiarelli l’aveva già effettuata nel suo precedente romanzo, “Disonora il padre e la madre” (2009, “Stampa Alternativa” collana “Senza finzione”, 262 pagine), ma non con una lucida e consapevole coerenza, che, invece, si avverte in “Che io bruci. Rapsodia ferrarese”.
Nella scrittura di Alessandro Chiarelli tutto è teso a mescolare le carte, a smuovere le acque alzando il fango dal fondo. Nelle sue parole l’acqua diventa torbida, divenendo l’unico modo per vedere il fondo, per scoprire cosa c’è sotto, cosa c’era prima. A voi lettori spetta il compito, se ne avete voglia, di inoltrarvi in queste pagine turbolenti e di capirne i lucidi meccanismi che, magicamente, le orchestrano.