Gli scrittori emergenti sentono gli altoparlanti pronunciare il loro nome, raccolgono i fogli e leggono piano nel microfono, intimoriti dalla propria voce amplificata. In fondo al petto la segreta speranza che in tanta folla si nasconda un editore, quello giusto, che sappia apprezzarli, che decida di scommettere su di loro e trasformare quegli A4 spillati in un vero libro stampato.
Chi invece ha già pubblicato il primo libro, aspira al gradino alto del podio, cercando nel trofeo il segreto che gli permetta di attingere al calice del successo.
Ma se l’obiettivo dell’autore è vincere per svettare nella classifica degli ultimi libri usciti, se punta solo e brutalmente a vendere, i suoi auspici rischiano di rimanere illusioni. A guardare i dati del mercato infatti, si capisce immediatamente che non basta arrivare primi a un premio letterario qualsiasi per ottenere un boom di vendite. Anzi, i premi che permettono di “diventare famosi” si contano sulle dita di una mano. Ecco spiegata la freddezza di alcuni editori, che devono spesso smorzare l’entusiasmo dei propri autori, fino a limitarne le competizioni.
Ma, in senso più ampio, avere l’occasione di prendere parte a una manifestazione letteraria è comunque una vittoria. Si può condividere la propria passione con un pubblico, anche se ristretto; si può portare nell’anima della gente il suono delle proprie creazioni. Queste non sono cose da poco. Se si ha l’occasione di vincere, e vendere, tanto meglio; in caso contrario resta l’esperienza della condivisione, e la voglia di sognare ancora.