Proprio Il Dono è il titolo di questa puntata condotta da Vito D’Ettorre. E il dono che il piccolo Rosario sogna è una carezza: «È un dono che tutti i bambini dovrebbero avere. È la cosa più importante».
La sua storia comincia dentro “la sacra ruota”, il luogo dove si depone il bambino appena nato. Azionando il meccanismo un campanello dà l’allarme: c’è un nuovo nato in orfanotrofio. lì i ragazzini conducono una vita povera, priva di affetti e di giochi. Uno dei pochi svaghi è la colonia estiva, ma «non eravamo come tutti gli altri bambini, non avevamo i costumini, ma le magliettine strappate che ci davano».
Questa vita povera, segnata da frequenti punizioni corporali, cambia improvvisamente con l’adozione. «È stato bello. Certo non avevi quello che una madre e una madre potevano dare a un figlio. Però nella sua povertà i miei genitori adottivi mi hanno dato tanto. Avevo sei anni. Quel giorno mio padre e mia madre mi hanno portato in un negozio e mi hanno comprato un vestitino, il mio primo vestitino. Ero felice, mi dicevo “anch’io ho finalmente una madre e un padre”».
Ma Rosario Genio continua a vivere un senso di estraneità. Non lo abbandona mai, neppure nella sua nuova famiglia: «Non era come essere con dei genitori veri». Particolarmente complicato è il rapporto col padre; è un contadino, e Rosario lo segue nei campi. «In quei momenti, nelle distese e nei campi, mi sentivo libero. Ma quando tornavo a casa mi sentivo chiuso. Abitavo in una stanza senza finestra; avevo soltanto un tavolino, e un letto senza rete. Mio padre in casa era una persona, fuori era un’altra. All’esterno era comprensivo, ma dentro era autoritario. Aveva due facce, e io preferivo il papà fuori».
Oggi Rosario continua a cercare la sua vera madre. «Io l’ho perdonata, perché non posso sapere il motivo per cui mi ha lasciato. Lei resta la donna che mi ha messo al mondo. Mi piacerebbe vederla, per capire cosa è successo. Sarebbe il dono più bello».