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07 Ago
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Intervista all'autore - Riccardo Casini -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Pisa e lì ho vissuto fino a dopo la laurea in fisica. Nato nel segno dei Pesci, mi riconosco molto bene nelle caratteristiche caratteriali del segno:
fantasticherie, sogni, immaginazione, desiderio di momenti di solitudine, ma anche concretezza, razionalità, spirito di osservazione, giovialità, capacità organizzative. Se osservo il classico bicchiere, per me è sempre e comunque mezzo vuoto.
Portatore di handicap per una malattia congenita delle ossa, non potendo correre o giocare a pallone come gli altri miei coetanei, ho trovato nella lettura un amico formidabile. Ho divorato alcune migliaia di libri, di ogni genere: dai classici ai romanzi di avventura, dalla saggistica agli storici, dai thriller alla fantascienza, dalla politica alle biografie. I miei generi preferiti sono la fantascienza, la storia, la narrativa straniera, ma soprattutto la Storia e la Cultura dei nativi americani.
Dopo la laurea sono entrato in IBM come System Engineer e ho vissuto per quasi un anno a Milano, poi, avendo come sede di lavoro Firenze, ho seguito clienti in Toscana, Umbria e parte dell'Emilia. Dopo otto anni sono entrato come Responsabile dei Sistemi Informativi in una Public Company con sede a Prato; mi sono trasferito in quella città e lì vivo ancora oggi con la mia seconda moglie.
Mi sono avvicinato alla scrittura verso la fine del secolo scorso, quando decisi di mettere su carta tutte quelle storielle su un adolescente pellerossa che avevo inventato e raccontato a mia figlia per farla addormentare quando era piccola.
Dopo questa prima esperienza positiva e la stesura di altri cinque o sei romanzi (fantascienza, nativi americani, leggenda e mitologia) rimasti inediti per pigrizia, ho avuto un lunghissimo periodo di buio assoluto, periodo in cui non riuscivo più a scrivere una riga. solo due anni fa ho ripreso in mano e rivisitato (anche profondamente) quegli inediti e ho scritto tre nuovi romanzi.
Terra Comanche appartiene alla serie dei miei romanzi ancora inediti e la sua prima stesura risale al 2009.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Ogni momento è quello buono. Non ho momenti particolari in cui decido di scrivere; quando mi viene in mente un'idea, un dialogo, un nuovo capitolo di un romanzo in divenire, mi siedo al computer e scrivo.
L'unica eccezione è la notte, fin da quando ero studente liceale decisi che dopo cena non avrei mai preso in mano un libro per studiare o un quaderno per fare un esercizio o un compito, la notte era dedicata a uscire con gli amici, a guardare la tv ... a riposare. Ho sempre rispettato questa regola auto imposta, anche oggi.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Impossibile sceglierne uno soltanto, posso dire una rosa di autori che amo particolarmente: Asimov, Clark, Clancy, Cussler, Smith, Deaver, Follett.
Leggo ma non sono attratto dagli autori russi né dagli italiani (ad esclusione di Faletti e Manfredi).
 
Perché è nata la sua opera?
Per la passione che ho nei confronti della Storia e della Cultura dei Nativi Americani.
Ho nella mia biblioteca un centinaio di libri che trattano degli indiani d'America, ma sono tutti libri che raccontano battaglie, migrazioni, vita nelle riserve, vite di capi e di guerrieri, nessuno di questi affronta il tema della possibilità di convivenza tra uomini rossi e uomini bianchi, nessuno di questi confronta le idee, le credenze e la spiritualità delle due etnie.
Ho voluto mettere una piccolissima pezza a questa carenza.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Poco direi. Ho vissuto e vivo una vita normalissima, come la grande maggioranza di noi, provengo da una famiglia della media borghesia, ho avuto moltissimi amici "normali", ho una famiglia "normale" ... se vogliamo sintetizzare in una sola parola il contesto sociale in cui ho vissuto e vivo direi banale.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Direi che sono vere entrambe le affermazioni. Dipende, secondo me, da cosa si scrive; se tratto un argomento storico o di attualità è chiaro che racconto la realtà, se invece tratto argomenti come l'amicizia, l'amore, le ambizioni, i desideri, probabilmente è più facile che evada la realtà, che dia via libera alla fantasia e all'immaginazione. Che i lacci e laccioli che vincolano ciò che scrivo alla realtà siano minori e, in qualche caso, addirittura inesistenti.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
In Terra Comanche non c'è niente di me. In altri romanzi, ancora inediti, invece c'è parecchio e un paio sono quasi autobiografici.
Non ho ancora deciso se questi due vedranno mai la luce.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nel giugno del 2009 sono stato un mese nelle riserve indiane del South Dakota, Montana e Wyoming. Le chiacchierate che ho fatto con diversi nativi sono state fondamentali per comprendere e approfondire i temi che tratto nel romanzo.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Quando l'ho inviato alla vostra redazione l'aveva letto soltanto ... il sottoscritto.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
A me piace l'ebook. Sono una decina di anni che possiedo un Kindle Amazon e mi trovo benissimo: comodo, leggero, personalizzabile e bastano pochi click per avere subito la disponibilità di un nuovo libro.
Certo manca l'odore della carta stampata e il fruscio delle pagine che girano e questo, secondo me, ne può limitare la diffusione. Ritengo che sia la versione cartacea che il formato elettronico continueranno a coesistere ancora per molto tempo.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non mi sento di rispondere a questa domanda dal momento che non ho ancora avuto esperienze con audiolibri.

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