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19 Giu
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Intervista all'autore - Mario Giovanni Galleano

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Per me, scrivere è mettere una parte di me a disposizione della gente che vive accanto a me e che mi conosce ma non del tutto. Ma è anche fare in modo che chi si trova, ad un certo punto della propria vita, a cercare qualcosa di importante con cui confrontarsi, possa farlo. Per me diventa un'occasione per dire con onestà che cosa ho fatto io in determinate circostanze a chi cerca una spiegazione o una risposta ai suoi interrogativi. Per me scrivere è dire che non ci sono risposte a tutti gli interrogativi che le persone si pongono ma che l’unico modo per trovarle è vivere la vita pienamente.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

In questo libro "Il dono del cuore - la vita imperfetta", c'è tutto di me, come c'è tutto di me nei libri che hanno preceduto questo. Semplicemente perché le riflessioni, di cui è composto, partono da un fatto reale che mi è accaduto il 10 luglio 2014 alle 4 del mattino: un infarto che mi ha obbligato a fermarmi, a prendere coscienza del mio vivere e a capire dove fossi diretto con il mio vivere quotidiano. La prima parte del libro riguarda il periodo del ricovero; la seconda parte riguarda la convalescenza e la terza parte è composta da unaserie di riflessioni sulla vita.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Per me, scrivere quest'opera, ha significato mettermi davanti ad uno specchio, come fossi davanti a ma stesso. Man mano che le pagine si susseguivano, rivivevo quei giorni e rivedevo la gente che avevo attorno: i dottori, le infermiere, i compagni di camera degenti che come me che avevano percorso il mio stesso cammino. E mi ritrovavo a ringraziare Dio per il grande dono della nuova possibilità che mi aveva donato: potermi rivedere ancora in quello specchio, dopo avere affrontato una deviazione obbligatoria.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

La scelta del titolo è stata una conseguenza fisiologica di tutto il lavoro. “Il dono del cuore”, indica la presenza in noi di un muscolo che ci fa vivere. Se questo viene a logorarsi, mette a repentaglio la nostra vita; per cui noi dobbiamo rispettare questo dono che da sempre ci fa andare avanti. “Il dono del cuore”, è pure l'amore che da esso si sprigiona e ci fa vivere e vedere che cosa ci scorre attorno, sia nei giorni in cui la nostra vita, come un fiume in piena, ci travolge, e sia nei giorni in cui è in secca e non accade nulla. “La vita imperfetta”, il sottotitolo, richiama la realtà. Il cuore batte per la nostra vita; essa possiede tutte le variabili possibili, meno che la perfezione. Ma, siamo sempre in cammino per raggiungerla.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Su un'ipotetica isola deserta, porterei i “Promessi sposi”, che ai tempi della scuola mi avevano stupito. Ora vorrei rileggerli tenendo conto dell'idea che il Manzoni ha voluto, secondo me, far trasparire il fatto che c’è la provvidenza. Nella mia vita ho scoperto in più occasioni l'effetto di questa presenza.



6. E-book o cartaceo?

E-book o cartaceo? Personalmente, sono contrario a far combattere queste due realtà. Io preferisco pensarle come le due facce della stessa medaglia. C'è chi preferisce avere tra le mani il libro e sentirne il peso, il profumo, il fruscio delle pagine quando le gira ed averlo sempre disponibile ogni volta che ne sente il bisogno. C'è invece chi preferisce avere il tablet in mano perché, ormai, questa novità tecnologica lo ha catturato ed il libro cartaceo rappresenta solo una componente di quello strumento che usa per lavoro o per diletto. Ho colleghi di lavoro che hanno scelto il libro nel formato cartaceo e colleghe che hanno preferito l'e-book, per questo non intendo fare un confronto.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Non c'è un quando e non c'è un perché. Semplicemente, dopo avere scritto per tutta la vita per me stesso, ho percepito il pubblicare i miei scritti, come un'esigenza che in un certo periodo della mia vita ha fatto sentire il suo peso e così, assecondandola, mi sono ritrovato in questo mondo che mi affascina sempre di più. Sono un pensionato, e non me la sento di chiamare questo bisogno che sento, con il nome di “carriera”. La carriera è una parte della vita che devi percorrere a spintoni. Nemmeno sul lavoro sono mai andato avanti a spintonate ma ho sempre fatto il mio lavoro che mi veniva chiesto ed insegnando a fare altrettanto. Ora, per me, questa opportunità è da prendere come una passione, nella quale mettere tutto me stesso senza evitare nessun confronto con chi si trova sul mio stesso cammino.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

L'idea di questo libro mi nasce in ospedale. Un mattino, mente un'infermiera che mi accudiva, dopo avere fatto il suo dovere, guardò dalla finestra della camera dov'ero in rianimazione e, sorridendo, disse alla collega: “Guarda che colori questa mattina!”, erano le 6 del mattino e la notte era stata animata da parecchie emergenze. Mi sono detto: “Questa è da scrivere!” e poi, tutti gli altri fatti ed aneddoti, sono diventati, per me, spunti per le varie riflessioni che si possono leggere nel libro.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Si prova un'emozione incredibile ed una gioia indicibile. Questo mio libro, come pure gli altri tre che ho pubblicato, è cresciuto giorno dopo giorno diventando, con grande sorpresa, un insieme di sensazioni e di emozioni che, partendo dal mio cuore e dalla mia anima e depositandosi sulle pagine bianche dello schermo del computer che uso per scrivere, sono diventate parte di un'opera che è cresciuta con me ed ha fatto crescere me mentre la scrivevo.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Non ho una persona a cui far leggere il libro intero, appena scritto. Il mio stile di scrittura non è personale o chiuso. Io non scrivo di nascosto senza che nessuno possa leggere ciò che scrivo. Sono io che chiedo a chi mi ispira fiducia, di leggere la parte del mio lavoro che gli invio, donandogli del tempo per leggerlo per farmi un commento ed una critica. È successo così che, ogni capitolo dei miei primi tre libri, sia stato dedicato a persone vere e concrete che mi hanno fatto questo servizio e questo favore. Erano miei colleghi e colleghe di lavoro, erano amici e amiche a cui ho sempre detto: “Non ditemi se vi piace o se non vi piace, ditemi le emozioni che provate e i sentimenti che vi suscita.” Vi assicuro che le rispose ed i commenti, come pure le critiche, mai banali, sono state sempre sorprendenti…



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Credo, come ho creduto da subito, quando ne ho sentito parlare, che l'audiolibro sia un grande servizio che si possa offrire a chi, per ovvii motivi, non riesce a leggere un libro. Penso ai non vedenti e ai loro libri scritti con il metodo Braille (quello con i puntini fatti con un punteruolo o con altre tecnologie) sempre scomodi da scrivere e da usare perché molto voluminosi. Per costoro, poter ascoltare un audiolibro, è una liberazione. Naturalmente senza nulla togliere all'impegno personale per scrivere o leggere quei libri. C’è anche chi, non è così sfortunato ma preferirebbe comunque ascoltare un libro letto da un altro mentre fa le faccende di casa, mentre viaggia o mentre esegue le sue mansioni che la vita gli ha affidato. Come sempre, tutto ciò che la tecnologia può fare come aiuto a chiunque ne abbia necessità, e per qualunque motivo, è ben accetto e fa crescere l'umanità.

 

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Venerdì, 19 Giugno 2015 | di @BookSprint Edizioni

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