“Mia madre è italiana, mio padre è ebreo ed io sono in terapia.”
Nel nostro caso è l’esatto opposto: mio padre è italiano, mia madre è ebrea e noi siamo perfettamente sani … ma lui è al manicomio!
1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Ricorro ad una delle metafore che contraddistinguono lo scribacchino che non svolga professione letteraria e che pertanto trovi conforto nella materia meglio conosciuta: la scrittura rappresenta il risultato di un lento processo metabolico che l’anima opera sul nutrimento voracemente ingerito con le letture piú svariate. Qualcuno vi comprende finanche l'etichetta delle bottiglie di vino! Quanto all'emozione: direi la soddisfazione di mantenere un perfetto equilibrio omeostatico; tanto per proseguire con la metafora: conservare costante una virtù interiore, disturbata da fattori ambientali esteriori inclini al vizio, portandola alle estreme conseguenze che la fanno divenire essa stessa vizio. Insomma, per dirla con Edith Wharton (citazione: altro tratto distintivo dello scriba): l'esaltazione del vizio della virtú (ossimoro: ciò che alla fin fine mi contraddistingue meglio; oltre alla preferenza per il contenuto della bottiglia!)
La storia è piena di personaggi definiti "scomodi" che si è cercato di mettere a tacere in più modi, leciti o meno, in nome di una quantomeno precaria stabilità. A puntare il dito contro questo fenomeno, questo machiavellico sistema di operare, è Vincenzo Campanile con il suo nuovo romanzo, "Post scriptum – Riflessioni semiserie di chi arranca in perenne lettura e rilettura dimagrante per liberarsi del peso della propria nullità intellettuale", pubblicato per i tipi di BookSprint Edizioni e disponibile nel classico formato cartaceo della brossura. L'opera, 300 pagine ricche di ironia, sagacia e schiettezza, ripercorre gli stereotipi della società moderna ed indaga su alcuni fenomeni poco… chiari.