Sono questi gli ingredienti di “Ghigo – La mano della marionetta”, l’avvincente romanzo noir scritto dall’autore calabrese Felice Diego Licopoli e uscito per i tipi della BookSprint Edizioni (442 pagine, disponibile anche in edizione ebook).
La vicenda è ambientata nell’inverno del 1928, all’indomani della Grande Guerra. L’arrivo dello strano burattinaio sconvolge la vita di quella pacifica comunità nella quale vive Ghigo, il figlio della taverniera del paese. Un’infanzia felice che all’improvviso si trasforma in un’avventura che squarcia le abitudini e costringe il bambino ad affrontare l’eterno scontro tra le forze della luce e le forze dell’oscurità. E in questa strenua battaglia senza confine Ghigo scopre di avere uno straordinario potere paranormale: quello di generare poltergeist.Sospeso tra atmosfere fantastiche e sequenze ad alta tensione, il romanzo di Licopoli, come scrive Rocco Giuseppe Tassone nella presentazione, “prende strada come un racconto familiare narrato dal nonno ai nipoti seduti attorno alla ruota con il braciere, in un tempo ormai lontano”.La storia di Ghigo è in realtà un’efficace metafora per affrontare un tema che ancora oggi presenta aspetti a dir poco sconosciuti e misteriosi: quello dell’autismo, una sindrome dalle cause ancora incerte che si manifesta attraverso disturbi della comunicazione e del comportamento. «Vorrei – spiega infatti Licopoli – che grazie a questo romanzo il lettore avesse maggiore sensibilità verso i bambini autistici. Il mago cattivo è proprio il mostro della malattia».
Cresciuto con le letture di Stephen King e di Valerio Massimo Manfredi, Felice Diego Licopoli si è laureato in architettura pur mantenendo sempre viva la sua passione per la scrittura e per lo studio del pianoforte. Il romanzo di Ghigo è stato scritto in undici mesi. «Scrivevo due pagine al giorno», racconta l’autore. «Ad ispirarmi è stata una marionetta, un clown, che mi fu regalata da mia zia e che tutt’ora conservo nella mia stanza. Perché ho scelto di ambientare la storia in un piccolo comune dell’Alto Adige? Mi serviva una zona di confine, una zona sperduta dove collocare una trama horror, proprio come nei romanzi di Stephen King».