Se Dio è infinitamente buono, perché permette che le persone soffrano? E che senso ha il male? Domande di questo genere accompagnano l’umanità da sempre, e anche il giovane protagonista dell’ultimo romanzo di Gianfranco Manunza “Zedneh”, se le pone di continuo cercando di trovare, finalmente, una risposta a tutti i suoi punti interrogativi.
1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Avendo io ottant'anni suonati, dovrei dire che la mia vita è stata intensa. In realtà non è così, essendo io un uomo di preghiera. Difatti, una persona come me passa i suoi giorni in meditazione, contemplazione e penitenza, spessissimo chiuso in casa. Il fatto che io dipinga o scriva è soltanto un sistema per uscire dalla solita routine quotidiana. Un passatempo insomma. Prima d'essere un uomo di preghiera, ero un universitario.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non vi son momenti particolari. Dipende dall'estro che mi pervade. Ma per ciò esso può presentarsi di giorno di notte, quando mangio o quando sono in bagno. Tutti i momenti son buoni per scrivere.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Se per contemporaneo s'intende moderno, Italo Calvino, Elio Vittorini, Leonardo Sciascia etc etc."
Eclettico e ispirato fortemente dagli influssi del popolo di appartenenza, Gianfranco Manunza esprime le sue qualità artistiche in diverse forme d’arte: si ricordano, per bellezza ed importanza, le sue opere pittoriche così che ora egli si misura anche con un’altra forma d’arte: la scrittura. Pubblica così, mediante la collaborazione dello staff della casa editrice BookSprint Edizioni, “Humor Spray”, un libro singolare per forma e per contenuto.
1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Non lo so. Forse è un passatempo o forse un modo come un altro per sentirsi vivi. Riguardo alle emozioni dipende da ciò che scrivo. Se tendo a satireggiare significa che sono irato contro qualcuno o qualcosa. Altrimenti è un divertimento. Comunque io mi ritengo un frutto dalla polpa appetibile ma dal nocciolo amaro, poiché se stiamo attenti c'è poco da stare allegri, giacché la mia è soprattutto ironia, quando non sfocio nel sarcasmo.