2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Molte idee vengono di notte, altre dopo qualche giorno di "sospensione".
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Leggo molto, ho dei riferimenti, alcuni autori che amo molto ma rifuggo dagli amori singoli, infelici...
4. Perché è nata la sua opera?
Il mio "Sbagliando s'impara, vent'anni di cantiere" nasce dall'esigenza di fare i conti con tanti anni di lavoro, svolto con molta diligenza, durante i quali mi sono reso conto che l'Italia è un paese "speciale", purtroppo, non in senso positivo. I tempi sono insopportabili, le pratiche - anche le più semplici- durano anni perché c'è sempre qualche scemo che chiede documenti astrusi, non dovuti, che l'ente ha già... i collaudi non arrivano mai, c'è sempre una proroga, una variante, una perizia in più del necessario. I politici vengono in cantiere a dire e pretendere, a imporre le loro decisioni. I politici non hanno competenze, sono più prepotenti che preparati; spesso chiedono cose assurde e anche ridicole.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Io sono nato in una famiglia di insegnanti, con una casa sempre piena di libri nuovi. Quella è la migliore formazione: si discute di un libro per ore, si cerca di capire se innova, se ha dei contenuti originali...si rifugge da libri che raccontano storie volgari, truci, banali; si rifiutano gialli ingialliti, libri di persone famose, che hanno la casa editrice pronta a pagare e sostenere chiunque sia famoso. Si rifiutano neri, rosa melensi, gratuiti. Si rigettano storie commoventi, dove in ogni pagina c'è un disastro, i libri celebrativi, dei quali i giornali sono pieni... restituiti al mittente. I libri scandalosi in senso volgare, ripetitivi i saggi non documentati, con storie fittizie.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è raccontare la realtà, sempre più viva della fantasia, con la sola eccezione di Stevenson e Swift. La realtà, del resto è diversa per ciascuno, come diverso è il modo di raccontarla: altrimenti non ci sarebbe Thomas Bernhard.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Molto, insofferenza verso il mondo dei lavori pubblici in Italia, basta pensare ai recenti fatti di Genova, per "certe" opere pubbliche - anche le più inutili, come il MOSE... - ci sono i soldi, per altre, essenziali per garantire la sicurezza - Genova oggi, appunto - i soldi "sono fermi", o non ci sono... forse, insofferenza verso l'Italia tout court.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
I fatti, il rigore morale.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A me stesso. È stato un momento di liberazione: "almeno l'ho scritto", consapevole che ben pochi sono disposti a sentire cose vere.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
No!
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Tutto va bene, purché si leggano cose belle, ben scritte, sensate. Non storie commoventi, banali.