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23 Ott
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Intervista all'autore - Mauro Cartei

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Sono nato a Piombino, porto per l'isola d'Elba e città "dell'acciaio" prima con gli Etruschi e poi con....l'IRI (tutta un'altra storia!). Sono ingegnere e volendo affermarmi nella professione sono andato dove il lavoro mi portava: in Italia, a Milano, La Spezia, Genova, Busto Arsizio, Roma e all'estero Kazakistan, Russia, Bangladesh etc...

Ho sempre avuto passione per i libri: ricordo che nell'adolescenza, appena i miei genitori mi davano "la paghetta" correvo a comprare i libri della BUR (tascabili-economici) così, oggi, ho in casa una ricca biblioteca! Poi il quotidiano con i suoi assillanti impegni mi ha fatto tralasciare per anni questa mia voglia di comunicare con gli altri attraverso la parola scritta.



2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Non c'è un momento preciso: la voglia e la capacità di scrivere, sempre latente, nasce improvvisa è una "chiamata" che viene dall'interno della mente e sboccia come un fiore alla prima rugiada e al primo sole del mattino.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

A me piace leggere i libri di poche pagine, perché voglio iniziarli e finirli da sveglio, senza lasciarli per settimane sul comodino e leggere una pagina per volta prima di prendere sonno. Come scrittore di gialli il mio autore preferito è Camilleri .



4. Perché è nata la sua opera?

Dal 2003 ho vissuto "disgrazie" infinite che mi hanno relegato per mesi in ospedale, a letto, in carrozzina: da queste sono resuscitato, per fortuna e per volontà e oggi mi muovo liberamente e cammino da solo. Le "disgrazie" insegnano a dare priorità diverse alle nostre necessità: scrivere, quando ero immobilizzato a letto, mi ha aiutato a vivere una vita parallela, a uscire virtualmente dalla stanza dove ero relegato e viaggiare per il mondo come una persona sana.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

Poco, perché per lavoro ho avuto contatti con altro tipo di soggetti, spesso assolutamente lontani da ogni interesse culturale. È però vero che i numerosissimi contatti umani dovuti proprio al tipo di lavoro che ho fatto e l'osservazione quotidiana dei luoghi che attraversavo e dei comportamenti altrui mi ha sicuramente arricchito di esperienza e valori che oggi posso riversare in quello che scrivo.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Scrivere è tutte e due le cose: un evasione per uscire dal quotidiano, spesso doloroso e un racconto filtrato (non una cronaca insomma) della realtà in cui si vive, per contribuire a migliorarla.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Non molto e non poco: come la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Sì, chi vive con me e deve sopportare le mie lunghe lontananze, non fisiche ma "di testa": quando scrivo mi chiudo nella mia biblioteca, in fondo alla casa e non ci sono per nessuno.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

A mia moglie, purtroppo per lei.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?

Sì, certo il fruscìo e l'odore della pagina cartacea ha il suo fascino, dà emozioni e suggestione, ma non c'è modo di evitare "il progresso".



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

E' il passo successivo all'e-book ma, a mio avviso, non lo sostituirà. Occorrono attori veri per leggere adeguatamente i testi e spesso chi legge può alterare la musicalità e il senso dello scritto. L'unico e grave inconveniente è inoltre che la lettura di un terzo non dà modo e tempo per riflettere su quello che si ascolta.  

 

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Venerdì, 24 Ottobre 2014 | di @BookSprint Edizioni

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