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28 Apr
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Intervista all'autore - Luca Perrone -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono un autore romano, ma in realtà ancora oggi non so chi sono: autore, scrittore, compositore, regista. Sono Luca Perrone ed è già tanto complicato essere soltanto questo.
Io non ho deciso di diventare scrittore. Ho sempre scritto qualsiasi cosa che possa raccontare nel modo migliore ciò che tenevo in testa o semplicemente per portarlo fuori e vederlo, cercando veramente di capirlo. Poi è successa per caso la mia prima pubblicazione, il mio saggio su Hans Zimmer, che fa di me un autore di libri, confermandolo poi con questa raccolta. In realtà io scrivo adottando la forma che più si confà a ciò che voglio esprimere, a volte ci riesco con la musica, a volte con il teatro, ora con i versi della poesia.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Io sono una di quelle persone strane che in giro si porta sempre qualcosa per scrivere. Appunti più che altro, frasi o immagini. Ho le note del telefono piene. Veramente se una persona a caso, da quella che mi conosce di più a uno sconosciuto, prendesse il mio telefono non ci capirebbe niente; per me però è un caos del tutto chiaro, so dove andare a pescare: rappresentano le ossa di ciò che scriverò dopo...probabilmente di notte.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Sono molto legato alla saggistica contemporanea per ciò che riguarda soprattutto la politica, il sociale e la psicologia. Potrei citare Michela Murgia, come anche Roberto Saviano, autori che molto spesso vengono presi di mira dalla contemporaneità per la propria schiettezza e denuncia, semplicemente perché gridano ciò che pensano in totale libertà. Consiglierei a chiunque inoltre di leggere Galimberti per la sua scrittura e mentalità così fresca, giovane e rivoluzionaria nonostante i suoi 82 anni. Per il mondo della poesia fondamentale per me è stato il poeta islandese Jón kalman Stefánsson, sua è la prima raccolta di poesie che ho letto e che mia profondamente influenzato per la stesura di questo libro.
 
Perché è nata la sua opera?
Negli ultimi anni ho scritto parecchio, come detto precedentemente, in varie forme. Avevo bisogno della poesia. Era lo strumento che mi permetteva di far diventare dei quadri chiari ciò che pensavo, le emozioni che non capivo, rendendo dolci e piacevoli anche pensieri maligni. La poesia è un tipo di scrittura o lettura, a seconda del punto di vista, che è a sé, per causa ed effetti diversa da qualsiasi altro: è come se fosse un respiro che dura poco, ma che è così profondo che riempie e ti svuota completamente. Ti prende e ti porta in un altro mondo. Cambia tutto e ti riporta nel tuo, ma diverso. Chiunque sia l'autore una volta che hai chiuso il libro vedi il tuo stesso mondo da un altro punto di vista.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Io ho sempre vissuto il credo che ogni persona è fatta e crescita dal luogo in cui nasce, ne viene influenzato, nonché plasmato. La periferia in cui sono cresciuto penso mi abbia dato un modo di vedere e vivere le cose. Disagio, diversità, emarginazione sono i sentimenti con cui sono cresciuto e permesso di sviluppare empatia verso certi tempi che costruiscono poi anche il mio modo di raccontare. Ad esempio il bullismo che ho subito lo rivedo in certe politiche denigratorie e razziste o in certi giudizi e pregiudizi che le persone hanno verso le persone in difficoltà.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Mi viene da dire "purtroppo" raccontare la realtà. Come il mio spettacolo "Un posto libero" questa raccolta è stata figlia di una necessità non solo di raccontare il mio mondo interno, ma anche il mondo esterno. Penso ci sia un basilare bisogno di parlare di inquinamento, della disillusione che sta vivendo la nostra generazione, della situazione socio-politica che stiamo vivendo, in cui la perdita della libertà è sempre più palese, ma accolta dal silenzio. Per questo ritengo che in questi componimenti ci si possa riconoscere sempre: sia in quelli che raccontano l'esterno, che quelli che raccontano l'interno, perché parlano di sentimenti e quelli sono in ogni direzione sono universali.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
"Il matto" è come fosse un autoritratto, una fotografia di un momento. Non dico un "coraggioso" come direbbero molti, ma più che altro un sincero aprirsi alla consapevolezza di sé, riempiendo le pagine di tutto ciò che di solito si ha paura di dire. Perché in fondo, come in un'idea Pirandelliana, solamente nella pazzia si può manifestare veramente la propria coscienza di sé
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Io penso che le persone a me care, leggendo i vari componimenti, si riconosceranno. "Questo sono io", "questa è per me". Ho raccontato me, descrivendo anche loro. A volte in incognito, a volte meno, attraverso una lettera, una metafora o un numero, catturando la loro attenzione. Ognuno rappresenta un frammento della mia vita e io, rileggendo, rivivo i pezzi di questi due anni e, unendoli, si crea il sottotitolo del mio libro.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
La prima persona ad aver letto nella sua versione completa "Il matto" è stata la mia socia Maria Milella che mi ha dolcemente chiesto di scriverne la prefazione, spendendo parole che neanche io lontanamente avrei mai pensato di accostare alla mia persona. Lei ormai è dentro ogni mio progetto e momento di vita, come collega e amica, dunque era impensabile raccontare due anni di vita senza che lei ci mettesse mano. Dunque troverete anche lei tra le pagine. Come associazione "I come si chiamano" cerchiamo sempre stimoli e progetti nuovi, questo libro è anche uno di questi.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
L'ebook secondo me può essere sicuramente una frontiera interessante e utile di lettura, accompagnando la velocità e la freneticità degli spostamenti della nostra contemporaneità. Soprattutto è ad un prezzo nettamente più basso rispetto al cartaceo che invece continua a lievitare. Personalmente sia per diletto che per studio ho la necessità di avere tra le mani la carta per poter leggere e concentrarmi al meglio su ciò che sto leggendo.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Stesso discorso dell'ebook, l'audiolibro permette ossimori che però la nostra società rende realizzabile come leggere mentre si guida. Tuttavia l'audiolibro è davvero lettura? Secondo me sì, ma con remore. Una fantastica interpretazione attoriale può migliorarti un'esperienza di lettura, mentre una pessima può distruggere la carica di un libro quando altrimenti sarebbe magari stata alta. Per me è comunque un'interpretazione, a cui il lettore deve rifarsi e accettarne i vincoli.

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