Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Io sono una persona per lo più introversa e, paradossalmente, fra le svariate forme di comunicazione proprio quella verbale mi è sempre risultata ostica e difficile. Nel corso della vita, in tante occasioni ho dovuto subire gravi frustrazioni cagionate dalla mia sfiducia sulla possibilità che con le parole io possa effettivamente confrontarmi col mondo e con la cosiddetta realtà: le “reticenze” del libro. Già durante gli studi giovanili, costantemente immerso nel mio esclusivo flusso di coscienza, raramente ho trovato agevole scrivere, poiché con le sue regole ancora più vincolanti che per l'oralità mi esponeva agli stereotipati giudizi, del resto comprensibilissimi, dei miei insegnanti: prosa contorta e involuta.
Ho maturato un primo riavvicinamento all'incantato mondo dell'inchiostro con la poesia, proprio perché direttamente legata alla funzione linguistica espressiva, che non deve necessariamente indirizzare i messaggi a destinatari al di là dello scrivente. Tuttavia solo con la prosa narrativa, in un periodo più recente, ho scoperto finalmente il potere quasi taumaturgico della scrittura, che da quel momento in poi è diventata per me soprattutto una vitale necessità.
Le fasi dell'elaborazione scritta che mi donano le più forti emozioni sono i preliminari e i primi momenti del lavoro, assimilabili a una straordinaria successione di miracoli. Già l'ideazione è un evento stupefacente. Fra le varie ingarbugliate matasse che mi porto nell'animo, riesco a individuare un bandolo e cautamente lo dipano, evitando tutte quelle scelte impulsive che intricherebbero irreparabilmente il groviglio. Portato a termine questo esercizio di pazienza, per incanto vedo il mio manufatto prendere forma. Ecco sorgere altri problemi, che affronto con l'entusiasmo di mettermi alla prova. Segue la continua rilettura che come la risacca sulla battigia porta via tutte le impurità, lavando e rilavando. Comincio a intravedere da lontano il traguardo e allora scelgo se tirare dritto o concedermi ancora qualche divagazione, tanto che può accadere di allontanarmi dalla strada maestra e ritrovarmi con meraviglia in un altro racconto!
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Al di là del mio particolarissimo caso, la letteratura è sempre stata, è tuttora e io credo continuerà ad essere un meraviglioso rispecchiamento della realtà. Il che non significa semplice “mimesi” del vissuto, ma costante termine di confronto, che rende possibile inevitabilmente un continuo travaso dal mondo fenomenico alla rappresentazione artistica e, cosa meno ovvia ma non di minore importanza, dalla finzione letteraria all'effettiva esistenza.
Per quanto mi concerne, posso rispondere in modo breve, conciso e preciso: nel libro, in maniera più o meno mediata, è presente tutta la mia vita reale.
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Trattandosi di una raccolta, dovrei spiegare il significato di ciascun racconto. Volendo generalizzare, potrei raggrupparli per materia: riflessioni soggettive sull'esistenza; che cosa hanno significato per me quarant'anni di insegnamento nelle scuole pubbliche; il mio tentativo di capire quanto del sogno e della letteratura può ritrovarsi nella realtà e viceversa; ricerca di nuove specifiche forme narrative per raccontare la contemporaneità. So benissimo che tale programma può apparire presuntuoso, ma riconosco con modestia di non avere realizzato pienamente nessuno dei suddetti obiettivi. Ritengo comunque di avere indicato con la mia opera alcune direzioni ulteriormente percorribili.
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo è in qualche modo mirata. Difatti nella raccolta sono confluiti vecchi e nuovi racconti, come ho già spiegato, tutti accomunati dalla mia caratteriale reticenza a confrontarmi col mondo attraverso le parole.
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Sarebbe la pena più atroce alla quale mi si potrebbe condannare. Costretto a scegliere un solo libro, a malincuore, opterei per un'antologia che offrisse anche pochissimi brani ma di tutti i classici della letteratura nazionale e mondiale. Su di un singolo autore mi troverei incapace di decidere... Forse Franz Kafka, devo a lui tantissimo! Ma anche sul titolo sarei ferocemente combattuto: “Il Castello” o “La Metamorfosi”? E “Il Processo”?
Con la prima opzione avrei almeno il conforto di ricordare tutti quei grandi scrittori. Nell'altro caso, leggi e rileggi, imparerei quell'unica opera a memoria e diverrebbe per me una sorta di “mantra”, forse in grado di sedare l'atroce sofferenza dell'animo.
Non saprei davvero che cosa preferire!
Ebook o cartaceo?
Nella premessa alla mia raccolta, ho affermato che la scrittura era e rimarrà sempre opera di penna. Il fattore anagrafico è forse determinante. Per me la video-scrittura è un indispensabile strumento, ma non può suscitare il fascino che conserva la manualità dell'atto creativo. Per cui anche la video-lettura, pur considerandola un ottimo surrogato, la ritengo incapace di regalare le stesse emozioni generate dalla tangibile pagina cartacea. Ciò nonostante comprendo bene la predilezione del e-book soprattutto da parte dei nativi digitali. E si badi bene che io stesso per reperire opere degli autori più recenti ricorro a questo mezzo. Pertanto mi guardo bene dall'escludere del tutto l'utilità e i meriti di questa nuova opportunità di lettura.
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Ripeto che per me già da tempo scrivere rappresenta un modo privilegiato per interagire col mondo e con gli altri. Così nel momento stesso in cui ho lasciato l'insegnamento, cioè due anni fa, ho avuto finalmente l'agio di dedicarmi pressoché interamente a questa attività, senza tuttavia nutrire alcuna ambizione velleitaria. Diciamo che la mia carriera lavorativa, tra alti e bassi, l'ho già amata, odiata e conclusa. Resta il grande desiderio che le mie carte vengano lette, condivise e apprezzate dal maggior numero possibile di persone.
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Il fatto che scatenò in me il desiderio di scrivere narrazioni accadde circa dodici anni fa. Le vicende, ovviamente romanzate, si trovano nel racconto della raccolta intitolato “Imperfetto”. Nell'opera tuttavia manca un retroscena della realtà. Difatti riuscii a togliermi dall'impasse che si era determinata fra me e la mia dirigente scolastica proprio regalandole vari capitoli del manoscritto, che vennero da lei graditi e apprezzati, tanto che da quel momento in poi il nostro rapporto di lavoro fu improntato a una reciproca cordialità.
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Ho sempre pensato che uno scrittore, nel momento stesso in cui si trova fra le mani un suo libro finito in tutte le parti ed irrevocabilmente stampato, provi qualcosa di simile al cordoglio per la perdita di un amato figliolo. È la soglia del trapasso. Fino a quando può rimandare all'editore anche la più insignificante correzione da apportare al manoscritto, il libro rimane ancora una creatura che gli appartiene in modo esclusivo. Una volta che verrà dato alle stampe sarà solamente di tutti coloro che vi trarranno il piacere di leggerlo.
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mia moglie è la “vittima sacrificale”. Talvolta le mie richieste d'ascolto da parte sua sconfinano nel vero e proprio stalking. Per sua fortuna in passato ha lavorato da giornalista per una testata locale e in qualche modo si è sufficientemente attrezzata di rassegnazione alla lettura di tutto e di più.
Segue nell'ordine per la sua squisita disponibilità un carissimo amico, anche lui scrittore, e mio vero mentore, che cito e ringrazio nella Premessa.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audio-libro per me non è una novità. Negli ultimi anni di vita mia madre perse l'uso della vista. Pertanto cercai e trovai in questo mezzo un modo per alleviarle le sofferenze. Lei infatti nell'adolescenza, prima di dedicarsi interamente al lavoro e alla famiglia, era un'assidua lettrice. Mia nonna la apostrofava col nomignolo “papa paperi” (divoratrice di carta). Così cominciai a registrarle opere dei classici di tutti i tempi, offrendole il conforto di rivivere il suo antico amore per la lettura. Successivamente attraverso l'Istituto dei Ciechi, trovai il modo di farmi inviare un bel po' di materiale inciso, allora ancora si usava, in audio cassette.
Considero pertanto l'audio-libro un valido mezzo di pubblicazione, forse superiore al e-book, poiché può raggiungere, oltre ai non vedenti, tutti quei destinatari che per motivi indipendenti dalla loro volontà non potrebbero altrimenti fruire dei testi.