1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Innanzitutto, mi chiamo Gabriele Riganti e sono nato a Bari il 6 maggio 2001. Nonostante abbia solo 19 anni posso dire di aver viaggiato tanto per l'Italia, l'Europa ed il mondo intero. Da quando ero piccolo, infatti, i miei genitori mi hanno sempre voluto mandare in colonia in Italia o all'estero perché hanno sempre creduto che ciò avrebbe contribuito a formarmi alla vita. Credo che sia proprio grazie a loro che oggi ho una gran voglia di viaggiare e di esplorare il mondo in lungo e in largo, alla ricerca delle tante sfumature culturali che lo popolano.
Oltre i numerosi territori mozzafiato che troviamo nel Belpaese, ho avuto modo di avventurarmi in Paesi come l'Inghilterra, l'Irlanda, la Polonia e la Repubblica Ceca; il viaggio che tuttavia ha contribuito maggiormente a farmi maturare è stato quello nel Vermont, piccolo staterello collocato nel nord - est degli Stati Uniti d'America. Quest'ultimo è stato anche il viaggio più lungo, poiché l'ho vissuto nel mentre del mio quarto anno scolastico di scuola superiore, cioè dall'agosto del 2018 al giugno del 2019. Ho avuto la grande opportunità, grazie ai sacrifici da parte mia e della mia famiglia, di andare proprio nel Paese che più mi attirava, in uno Stato che neanche conoscevo, e di poter finalmente vivere sulla mia pelle le emozioni indescrivibili di studiare e operare nel contesto di un'autentica High School americana. Insomma, un grande, anzi il più grande sogno che avevo dai tempi della mia infanzia, posso dire di averlo ormai realizzato.
Al di là dei tanti insegnamenti che sono scaturiti dalla mia esperienza americana, importante è stata anche la scoperta da parte mia di alcuni aspetti miei che prima non conoscevo o ritenevo futili. Uno di questi è decisamente il mio sconfinato amore per la scrittura e conseguentemente il mio profondo interesse nei confronti della letteratura, delle lingue straniere e della filosofia. Dunque, dal mio ritorno in Patria, ho iniziato a scrivere alcuni articoli sui temi più disparati, mai però col fine di pubblicarli. È stato l'arrivo del Coronavirus che a un certo punto mi ha distolto da quello che stavo scrivendo e mi ha portato, quasi istintivamente, a scrivere questo mio libro - diario. Insomma, avevo una gran voglia di testimoniare la stravagante maturità a cui noi maturandi di quest'anno siamo dovuti andare in contro...
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Io la scrittura non la concepisco come qualcosa di forzato, bensì come l'espressione più nobile della libertà e della facoltà di ragionare di tutti noi esseri umani. Di conseguenza non c'è un momento preciso nell'arco della giornata nel quale io debba scrivere. La scrittura è innanzitutto spontaneità, quindi mi faccio guidare sempre dalla mia ispirazione e nient'altro. Ne deriva dunque che possono capitare giorni, o addirittura interi periodi, in cui non mi azzardo neanche a toccare penna e, di contro, giorni o interi periodi di tempo in cui mi siedo e sto ore e ore a scrivere.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Tra gli scrittori contemporanei mi appassionano gli scritti della incantevole Oriana Fallaci, la quale ci ha lasciato in eredità insegnamenti profondi sulle tematiche più diversificate. Quella che mi appassiona di più è l'ultima Fallaci in opere come "La Rabbia e l'Orgoglio" e "La Forza della Ragione". Da questi libri io ho personalmente appreso molto, come ad esempio il fatto di valorizzare sempre tutto quello che caratterizza la nostra civiltà ed identità e che dunque ci rende unici al mondo. Questo vale per i popoli così come per i singoli individui. Ho imparato anche quanto facile sia per noi cittadini che viviamo tranquillamente in Occidente dare per scontati i numerosissimi diritti che ci vengono riconosciuti, dimenticandoci che però ciò non avviene in gran parte del resto del pianeta. E se ci pensiamo anche la tremenda esperienza del Covid-19 ci sta riportando a mente questi insegnamenti.
Oltre alla grande Oriana Fallaci, non posso non dare spazio a scrittori parecchio meno contemporanei, che tuttavia occupano la maggior parte delle mie letture, cioè gli scrittori italiani di fine Ottocento e di inizio Novecento. Mi riferisco in particolare al celebre Italo Svevo, del quale ho letto tutti e tre i romanzi principali, il quale, come è possibile evincere anche nel libro, lo posiziono al vertice, almeno in Italia, del movimento culturale del Decadentismo. In particolare, apprezzo di lui il fatto di essere stato a tutti gli effetti uno scrittore classico e al contempo moderno della letteratura italiana perchè, nella classicità delle sue opere e del linguaggio, è possibile rinvenire tematiche estremamente attuali, che oggigiorno ci toccano da vicino. Una di queste è il prosperare dei parassiti e delle malattie, come è facile notare dalla triste ed attuale realtà del Coronavirus ma ce ne sono tante altre, come il sovrappopolamento globale e l'inquinamento. Uno scrittore "veggente" di questo tipo è senza dubbio anche Luigi Pirandello il quale, accanto a Svevo, è protagonista delle mie letture. Nel suo caso ammiro la riflessione sulla "macchina divoratrice" che in opere come i "Quaderni di Serafino Gubbio operatore" prospettano la realtà che tristemente noi oggi viviamo. Anche questo è appunto un tema che ha una sua importanza nel mio libro.
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata dall'estrema volontà che c'era in me di testimoniare il periodo storico assolutamente inusuale nel quale tutti noi ci siamo improvvisamente ritrovati, con particolare riferimento ai tanti maturandi d'Italia che come me hanno dovuto patire oltre alle comuni preoccupazioni relative all'imminente esame di Stato, anche le fobie personali dovute all'apprensione terrificante per l'incolumità dei nostri parenti più fragili e le ingenti difficoltà dell'improvvisata didattica a distanza. Sono state proprio queste forti emozioni che mi hanno spinto a scrivere il mio libro - diario e che hanno suscitato in me l'ispirazione di cui ogni vero scrittore necessita per avventurarsi nella scrittura di un libro. Queste emozioni indescrivibili per la loro intensità mi hanno quindi motivato a tirare fuori tutti i pensieri che nell'arco della mia vita avevo collezionato a partire proprio da quelle esperienze vissute nei vari periodi della mia esistenza: dalla mia infanzia felice, alla recente esperienza americana. Ne è uscita fuori una perfetta autobiografia che contiene però tutta una serie di riflessioni più generali che riguardano tutti noi, la società nel suo complesso. In definitiva, queste emozioni che avevo dentro hanno spontaneamente conferito un'organicità perfetta ai tanti pensieri che popolavano la mia coscienza.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Sicuramente non mi posso lamentare del contesto sociale in cui vivo da sempre, cioè all’interno di una famiglia benestante in cui entrambi i miei genitori lavorano. Mi ritengo fortemente fortunato della famiglia in cui sono nato, dell'affetto costante che mi mostrano i miei genitori, della genuinità delle persone come i miei zii, i miei cugini, i miei nonni, i quali sono stati tutti importanti per me e per la mia formazione culturale e letteraria. Particolarmente importanti sono stati però i miei genitori perchè non mi hanno fatto mancare mai niente ai fini dello studio e questo mi ha avvantaggiato tantissimo. Per esempio, non mi hanno mai posto dei limiti nell'acquisto dei libri necessari e non allo studio. Mi hanno sempre permesso l'acceso anche ai libri non indirizzati allo studio scolastico, bensì alla lettura nel mio tempo libero. Hanno potuto fornirmi professori di ripetizione nel momento in cui io ne avessi avuto bisogno e tanto altro hanno fatto per me perché non mi mancasse veramente nulla per dare il meglio di me a scuola ed in ogni altra attività che facessi.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambi. La scrittura può essere evasione dalla realtà nel momento in cui abbiamo bisogno di isolarci per un po' dalla vita frenetica che c'è lì fuori, nel momento in cui abbiamo bisogno di dedicare un po' di tempo solo con noi stessi. Ci permette di sfogarci e di tirare fuori tutti i pensieri che ci passano per la testa ed in molti casi il solo atto di metterli giù su un foglio ci fa sentire meglio. In questo senso, la scrittura può essere intesa anche come una perfetta terapia, ideale contro lo stress o l'ansia.
Tuttavia, ciò non esclude che la scrittura possa essere anche un ottimo modo, dal mio punto di vista il migliore, per raccontare la realtà, cioè per descriverla nelle sue tante sfaccettature. E, siccome la realtà che ci circonda è piena di incognite, sta proprio allo scrittore cercare di scoprirle, è lo scrittore che deve impegnarsi a scavare a fondo gli aspetti della realtà che più gli interessano cercando di trarne delle conclusioni da impartire al lettore sotto forma di insegnamenti.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Bè, direi che in questo libro - diario ci sono io dalla testa ai piedi, nel senso che, al di là delle tante riflessioni sui più differenti aspetti della società, ognuna di queste nasce in realtà dalla mia personalissima esperienza di vita, dai miei viaggi, dalla mia infanzia, dal modo in cui io ho vissuto la scuola rispettivamente alle elementari, alle medie e alle superiori, dal ruolo determinante che lo sport ha rivestito nella mia vita e tanto altro. In questo libro ci sono io da bimbo, caratterizzato da tanta spensieratezza, innocenza e gioia di vivere, io da adolescente, caratterizzato da molte potenzialità ma poca autostima e, infine, ci sono io da ragazzo maturo, caratterizzato dalla volontà di fare tesoro del passato, delle esperienze e dei rispettivi insegnamenti, alla ricerca del futuro ideale, nonché quello in cui io possa dire di essere autenticamente felice e soddisfatto della mia vita.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Direi che tutte le persone che hanno contribuito in maniera determinante nel mio processo di formazione alla vita si sono rivelate fondamentali per la stesura del libro perché ognuna di queste mi ha indubbiamente insegnato qualcosa. Di conseguenza, oltre ai miei genitori e ai miei parenti più stretti, decisamente importanti sono stati i tanti insegnanti che ho conosciuto, dalle elementari alle superiori, ed i miei amici più stretti. Importanti sono stati in particolare gli insegnanti americani, che mi hanno aperto gli occhi verso un modello di scuola che non conoscevo, molto più inclusivo ed efficiente, i componenti della mia host family americana e gli amici che mi sono fatto nel corso della mia esperienza americana.
Inoltre, fondamentali per la stesura dell'opera sono stati anche gli ambienti che grazie a tutte queste persone ho frequentato nell'arco di tutta la mia vita, i quali mi hanno permesso di formulare delle riflessioni anche comparandoli fra di loro in determinate occasioni. Dunque, ogni riflessione che è osservabile nel libro scaturisce direttamente o indirettamente da queste persone.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
La prima persona che fremeva dalla voglia di leggere l'opera era mio padre, il quale era veramente curioso di scoprire di che cosa trattasse e soprattutto delle riflessioni sulle tematiche più disparate, dalle mie riflessioni sulla scuola, vista a confronto tra il modello scolastico italiano e quello americano, a quelle sulla gioventù odierna che, in molti casi, sembra essere perduta in una sorta di limbo dove regna l'ozio e l'inconcludenza. Da quelle sui tempi felici della mia infanzia, alle mie considerazioni sul processo di crescita e sviluppo di noi esseri umani. Da quelle sulla mia difformità di gusti e valori rispetto alla maggior parte dei miei coetanei (per le quali mi definisco appunto un "giovane vecchio") a quelle sui tempi difficili del Coronavirus che noi tutti stiamo vivendo. Dalle riflessioni sulla natura e sul modo in cui noi esseri umani l'abbiamo sempre trattata, con le relative conseguenze che ne sono già scaturite e che si verificheranno ancora in futuro, a quelle sulla meravigliosa ricchezza del pianeta sul piano delle diversità culturali fra i vari popoli che lo abitano. Queste e tante altre riflessioni suscitavano in mio padre enorme interesse ed è per questo che lui è stato il primo a leggere il libro. Subito dopo mi ha rivelato con molta franchezza che persino lui, mio padre, leggendolo ha scoperto di me molti aspetti di cui non era per niente al corrente e dunque ha potuto conoscermi meglio.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Assolutamente no! Ritengo che i computer possano dare una mano a noi scrittori nella stesura del testo e che in un certo senso possano anche incentivare le persone a scrivere perché ci permettono di mantenere ordinato il nostro lavoro. Ma il prodotto non può essere uno schermo e basta perché il messaggio del libro passa anche attraverso le pagine cartacee che lo compongono. Mi spiego meglio. Per leggere un qualsiasi libro che ci interessa e per farlo nel migliore dei modi, al fine di recepirne gli insegnamenti o le nozioni che ci interessano, abbiamo bisogno, in quanto esseri umani emotivi, di instaurare una specie di rapporto intimo con il libro. Questo rapporto speciale ci lega indissolubilmente ad esso e si crea proprio a partire dal semplice gesto di sfogliarlo pagina dopo pagina. Più avanzano le pagine e più forte diventa questo legame fino al punto in cui, se il libro ha risposto ai nostri bisogni, decidiamo di conservarcelo per sempre ed ogni volta che lo guardiamo, ci sentiamo per un fugace istante leggeri e felici.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Anche nei confronti dell'audiolibro ho delle ingenti perplessità. L'audiolibro può essere utile per riprodurre, da parte di attori espertissimi, una citazione o una breve parte di un libro ed inserire tale riproduzione all'interno di una presentazione o di una trasmissione televisiva. Ma come si può pensare di "leggere" un libro per intero tramite la voce di un terzo? Dal mio punto di vista, è impensabile perché per creare quel rapporto intimo con il libro di cui parlavo prima è necessario che siamo noi a leggerlo secondo i nostri canoni espressivi e secondo le modalità di lettura che preferiamo in modo tale da trascorrere del tempo lieto mentre leggiamo. Se, invece, pensassimo di utilizzare l'audiolibro semplicemente per svogliatezza di leggere, allora faremmo bene a non cominciare neanche perché, in queste condizioni, non potremmo mai comprenderlo fino in fondo.