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24 Set
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Intervista all'autore - Adriana Montini

1.Ci parli un po’ di lei, della sua vita, da dove viene. Come e quando ha    deciso di diventare scrittore.
Sono nata a Verona in una casetta di fronte all’Abbazia di San Zeno, ancor oggi simbolo della città, nel 1935, periodo drammatico per l’Italia e invero per tutta Europa.
Non c’è un momento particolare in cui io decisi di diventare “scrittore”. In un certo senso sono sempre stata uno “scrittore orale”, cioè ho sempre amato raccontare eventi del mondo visti o vissuti o ascoltati da chi sapeva più di me.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura.
Il momento di elezione è la sera e la notte inoltrata, nel silenzio del tutto, come per altri, credo.
 
3.Il suo autore contemporaneo preferito.
Leggo spesso autori stranieri, molti inglesi. Ora sto rileggendo “The brave new world” di Aldous Huxley.  Come ha potuto “vedere” tanto del nostro mondo?
 
4. Perché è nata la sua opera?
Da molti anni era già là, nel profondo dell’anima. Questo racconto è nato in parte per onorare la mia famiglia che ha vissuto con coraggio anni di tirannia, in parte per incoraggiare le donne ad avere un sogno e a cercare di realizzarlo, oltre certo al desiderio secolare di avere una famiglia serena, bella e questo vale anche per gli uomini.  Aprirsi ai giovani qui ed ora e infine “Ricordare il passato per comprendere il presente”.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto.
Da giovane ha influito sulla mia formazione il meraviglioso Liceo Classico di Verona e alcuni dei professori, anche se non mancavano “paraocchi ed esclusioni.”  Più tardi ho sempre vissuto in ambienti culturali di alto livello, sia nel campo scientifico che storico e politico, dove c’era spesso più povertà che ricchezza economica, in gran parte per nostra scelta. In questo senso ho avuto una vita dura, faticosissima, ma sublime, a Verona, a Padova, a Genova, dove credevo di aver raggiunto il cielo, a Londra, vent’uno anni indimenticabili, anche a Roma. Ora vivo in Toscana.

6. Scrivere è una evasione dalla realtà o è un modo per raccontare la realtà.
Scrivere non è evasione, ma è vita e quindi per me è il vero modo per raccontare la realtà, il nostro mondo, la nostra gente, noi stessi.

7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Io ho vissuto tre vite nettamente distinte, si potrebbe dire. In questo scritto racconto un po’ della mia prima vita, in Italia, fino a trent’anni. Qui, negli anni ancora giovanili, c’è il nocciolo della vita, quindi c’è molto di me, ma moltissimo, nuovi luoghi, nuove esperienze, nuova gente mancano e anch’io manco.

8.C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera.
Invero, no.

9. A chi ha fatto leggere per primo il racconto?
Ad una giovane amica, solo delle brevi parti che sentivo nuove per lei. Ne rimase commossa e questo mi piacque molto.

10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Invero io ho sempre trascurata, quasi rigettata la tecnologia estrema, cioè quella che non porta vero beneficio all’uomo e ai suoi interessi fondamentali.                                                    
Io amo avere un libro tra le mani, mi concentro anche meglio e gioisco anche   meglio. Ma i giovani? Non so.         
  
11.Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L’idea dell’audiolibro mi attrae, certo può essere molto utile per persone con
con varie difficoltà, ma mi sembra utile, a volte, anche a chi non ne ha. Io credo sia piacevole e bello essere seduti su un prato, magari vicino ad un laghetto ed ascoltare l’audiolibro preferito, soprattutto se la voce narrante è armoniosa.
 

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Giovedì, 24 Settembre 2020 | di @BookSprint Edizioni

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