Proprio da qui, da questa composizione ammirevole dalla quale sono stato circondato - e che, per mia fortuna, mi circonda ancora, sin dal tempo della mia comparsa su questo fantastico mondo... (tempo) lontano oppure no, dipende dai punti di vista ... “lontano” qualora si volesse considerare la giovanissima età dei miei cari nipoti – ad un certo punto, ho sentito progredire in me una sorta di benevolo sentimento sull'impossibilità logica di considerare che tutta la mia vita, tutto quello che trasfonde in me questo mondo meraviglioso, sia, alla fine, solo risvolto di un qualcosa la cui origine si riduca ad essere un involontario prodotto messo in scena, inavvertitamente, dal puro caso e così poter dire (affidandomi ad una certa convinzione interiore), che, di necessità, vi debba essere una superiore entità e, in tal modo, tributare un elogio, logico, a tutto ciò che di buono vi è nel creato con, alla fine, uno scopo per il quale arrivare a dire che il Bene è, certamente, un idillio, un valore superiore.
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Temendo forse di incorrere nel disappunto di chi si è avventurato or ora a leggermi, e sfidandolo comunque, ritengo di suggerire, nella importante opera di lettura destinata ad un adolescente, l’opera più illustre di Dante, facendo accompagnare, questo importante impiego, dal consiglio circa l'opportunità di condurre un simile percorso formativo, edulcorandolo, con la presenza di chi, per maggiore maturità e per innate doti, possa essere in grado di porgerne il significato con quel "condito" che va a incidere quel tanto che basta per far germogliare, in queste fiorenti anime, il senso del giusto. Quanto ho appena esposto trova le sue motivazioni nella constatazione che, ahimè, nelle nostre moderne società, vi sia (quantomeno se ci si mette nelle mani di una generale riflessione) una perdita costante di valori; ebbene, poiché è risaputo che il nostro futuro è nelle loro mani, nelle mani innocenti delle persone adolescenti, ritengo che una buona opera, una profonda opera ... come risulta essere, appunto, quella di Dante ( la quale, al di la del fatto personale di credere o meno in una entità superiore, ha il pregio di collocare verso l'alto il senso del Bene e, viceversa, verso l'abisso, il senso del male) possa rappresentare, per gli adolescenti (lo ribadisco, accompagnati ) un buon punto di riflessione quantomeno sull'opportuna necessità di distinguere il Bene dal male e di trarne le relative conseguenze.
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ e-book?
Qui vi è per me la necessità di un ritorno al tradizionale; per quanto la tecnologia si dimostra capace di addolcire le difficoltà che l’esistenza pone nella vita di ciascuno, inserendo nel nostro “mondo” gradevoli comodità, in questo caso, dal mio punto di vista, non riesce a sopperire a quel contatto, piacente, che le nostre mani riescono a riservare al contatto fisico con la carta. Sembra quasi che, con il libro “cartaceo”, il nostro corpo stabilisca un contatto diretto, qualcosa di speciale con ciò che si va a leggere. L'e-book in fondo, sul piano dell’immagine (e più), appare simile ad un computer. Tutti noi, generalmente, trascorriamo ore ed ore davanti all'indispensabile computer: per i nostri affari, per le notizie, per il nostro scrivere ... ebbene, alla luce di ciò, qui mi elevo a dire: riserviamo alla carta, al libro cartaceo, il momento della lettura per non ridurre tutte le nostre azioni in un movimento meccanico, inflessibile, tutto piatto e, alla fine, svolto nello stesso modo. Per il resto, sarà pur vero che in un e-book molti sono i libri che "fisicamente" vi rientrano, solo che, anche qui, non riesco a vederne l'utilità. Il punto, infatti, è per me questo: vi è forse qualche meritoria esigenza nel fatto di disporre di tanti libri tutti in una volta? L’unica motivazione che mi viene in mente (e qui vi chiedo di perdonare la mia limitatezza) potrebbe essere quella della fretta, fretta nel concludere un libro ed “aprirne” subito un altro, magari sorvolando (con un’opera che pare far propria la nonchalance ) su ciò che si va a leggere. Ma il punto è questo: se voglio gustare un buon libro, non sarà forse per me necessario assaporare il mio lento, cartaceo procedere nella lettura?
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Da tempo vado riflettendo sul valore della parola, della sua forza ... forza che soprattutto percepisco nella scrittura, poiché è qui che, ciò che si vuol dire, ciò che esce dall’animo, dal cuore, dalla mente, si pone nella condizione di restare indelebilmente scalfito. Un antico proverbio così recita: " verba volant, scripta manent”; ciò che non è scritto diventa dunque fugace, qualcosa i cui segni incisivi, nell’animo, sbiadiscono col tempo dunque, alla fine, alla parola scritta, il merito di non disperdere la sua forza, il suo significato. Una parola buona può confortare, dare sollievo … soprattutto quando questa resta depositata, scritta, quando l’inchiostro la fissa su di un foglio creando le condizioni della sua duratura permanenza ed io stesso (ma credo che il discorso riguardi un po’ tutti), quando nella mia vita attore diventa il cuore, quando sono costretto ad amare una persona la cui fisica presenza mi è sottratta e dove quindi la trama diventa il senso nostalgico, mi vedo obbligato dalle circostanze, a determinare la stessa facendola rivivere in me con la forza dei ricordi; ed è soprattutto allora che alla scrittura ricorro per esprimere il mio malessere, così come al ricordo inchiostrato che mi ha lasciato, perché si compia in me il passo di portarla a galla nella mia reminiscenza facendola tornare quasi al pari di una vivida presenza. Dunque, è proprio alla scrittura che chiedo aiuto affinché quell’anima mi sia resa presente , così, seguendo questo pensiero, questa concreta esigenza, questa derivazione d'esperienza, col tempo ho in me maturato una piacevole consapevolezza che, anch'io, forse, in questo senso, avrei potuto fare qualcosa ... fare in modo che qualcuno s'avventurasse a leggere qualche intima parte di me, qualcosa che attesti esperienze della mia vita. Ho dunque pensato: “Forse i miei pensieri, tutto quello che è venuto incontro alla mia vita, necessita, per qualcuno, di essere reso visibile... forse vi sarà chi, trovando segni di corrispondenza col proprio vissuto, potrà trarne forza, desiderio, decisione…
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Lo struggente ricordo di un'anima ora non più disponibile ad alimentare i futuri ricordi della mia esistenza. Che strano pensare alla vita, alla sua fugacità: un'anima venuta al mondo con tanto amore ed infiniti sacrifici, sfuggita alla vita per sempre, nell'arco di un solo giorno. Ciò che il giorno prima era uno splendido essere, il giorno dopo è svanito interrompendo ogni contatto, ogni alito di vita ma qui, dove lui ci ha lasciati, non ci siamo arresi e laboriosi siamo stati nel far progredire in noi il suo ricordo, così come di far progredire il nostro cuore nella compiuta fiducia che un giorno lo ritroveremo, che, di nuovo, incontreremo il suo sorriso; e quello sarà il nostro tempo senza tempo … da qui il valore della speranza. Un giorno qualcuno, capitando a leggere il libro per il quale mi sono speso, si troverà a riflettere, si troverà ad interrogarsi, trarrà le sue conclusioni e in tal modo, tra un pensiero e l’altro, conoscerà tutto quello che quest'anima è stata, i progressi d’amore a cui, come fatto d’indole, ci ha condotti e così, in ultimo, saprà che la morte, quando la vita ha saputo dare Amore, non è mai fine.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Il desiderio più grande è per me quello di infondere speranza come rivelavo appena poc’anzi, nel primo punto di questa intervista, ritengo riduttivo, banale, persino senza senso, ritenere che l’esistenza sia solo un evento di questa fisicità raccolta dai nostri sensi .La vita, dunque, non può essere dispensatrice disinvolta di attimi a cui, nostro malgrado, dover solo conferire un lugubre futuro poiché dominata dal traguardo della nostra malaugurata fine nel nulla. Se si riflette sul fatto che, in tutta la nostra vita, facciamo l’esperienza di una necessaria logicità da cui è accompagnata la nostra esistenza, la quale, per essere, è dovuta, di necessità, passare sotto indispensabili meccanismi logici, se ne può trarre la conclusione che la morte, non può rappresentare un traguardo, quanto piuttosto l’inizio, per ciascuna anima, di una nuova vita; poiché, se così non fosse, il tutto diventerebbe una sorta di “strappo di logicità”. Del resto (ragionando diversamente dalla prospettiva del senso positivo), si dovrebbe trarre la negativa conclusione ed affermare che, mentre tutta l’esistenza si snoda mediante meccanismi intrinsecamente logici (che la permettono e del resto, il nostro pensiero, sempre si prodiga ricercando le cause logiche, svelandone meccanismi), questa ha poi il "difetto" di conseguire il suo finale traguardo nel nulla della morte, la quale, potendo subentrare in ogni istante, altro non farebbe che rendere tutto vano, inutile, senza senso. Detto in termini più banali, sarebbe come prodigarsi per realizzare, con molto impegno e sacrifici, una complessa costruzione (quella della nostra vita) con la compita consapevolezza che tutto ciò per cui ci si è spesi, in qualunque istante, potrebbe crollare, cessare d’esistere ed essere annientata ed anzi, poiché la morte è certa, la nostra costruzione avrà, per necessità, il suo ultimo traguardo nella certificata distruzione. Dunque, alla fine: il “logico” che consegue il suo ultimo senso nello “illogico”. Inoltre, soltanto il Bene sarà capace di conferire alla nostra vita futura l'aspetto della "eternità", poiché, in tal modo, ci sovrapporremo, col nostro ricercare il senso di positività, a quel Bene supremo che, in origine, ha permesso (e la permette in ogni istante) la vita ... del resto, potrebbe il male permettere l'esistenza? Dunque, agendo col bene, corrispondenza vi sarà tra il nostro comportamento e quello di Colui che tutto ha permesso… e siccome il senso ultimo della nostra libertà è quello di conquistarci la nostra felicità, ecco che…
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
È stato un lento, dolce, inarrestabile progredire del quale sempre più gradisco la preziosità. Nel mio caso, la “presa di coscienza”, è stata molto lenta al punto che solo ad un’ età non più giovanissima, ho raggiunto la decisione dando concretezza a tutto ciò che da tempo accarezzavo. Nelle fasi iniziali, quando sono giunto alla decisione, vi è sempre stato qualcosa di sconfortante che ha accompagnato la bella idea di scrivere finendo per dovere convivere col dubbio ed ecco allora insorgere in me pensieri del tipo: ma sarò capace, a chi vuoi che interessi ecc. Così, nonostante tutto, in queste condizioni, mi sono avviato, consegnandomi nelle mani del mio animo, del mio cuore e dove l’esperienza che nella vita ho maturato, ha svolto il suo ruolo da protagonista; solo verso la fine, una volta che l’opera era quasi sul punto d’essere compiuta, la negatività l’ho vista dileguarsi, rassegnare le dimissioni… ma è stata dura e fino a quel punto, sino al punto della fine, è stato un continuo, costante combattere, come del resto in tutte le cose che mi sono accinto a fare quando queste andavano caratterizzandosi per impegno.
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Per paura di soffrire, dopo l’immane sciagura, ho cercato, in un certo senso, di sfuggire ai ricordi, di sottrarmi alla presenza in me di tutto quel seminato di piacevolezze. L’incertezza, sin dal tempo della morte improvvisa, ha costruito in me un castello di pensieri tristi, struggenti, dai quali, per poter vivere senza depressione, credevo opportuno dovermi allontanare. Rammento dei primi giorni avviluppato dal lancinante ricordo, dall’infausto sentimento dal quale sono stato rapito sino a dovermi ripetere, in quel tempo, che la vita, in fondo, appare solo capace di nutrire duratura tristezza poiché, ad accompagnarci, vi è la consapevolezza costante che, in un baleno, tutto può crollare, che tutto quel bello che ci circonda (e che, benevolmente, risiede e rende lieto l’animo) può, istante per istante, essere annientato e, infine, conseguire il traguardo nel nulla; poi la decisione di scrivere, di non far morire i ricordi, di ribellarmi, di dar comunque fiducia alla morte; e quando, chiuso nella mia stanza, ormai avviato ad affidare i miei sentimenti alla cara penna, sono stato “costretto” a rivedere, affidandomi alla mia memoria, i vari episodi, ho cercato di vedere oltre l’apparenza e mi sono rifiutato di credere che una così cara persona sia, in ultimo, diventata semplice materia dissolvibile. Non ho voluto credere alla definitiva equiparazione, per l'anima non più nel mondo, tra Bene e male eppure, se la morte è significato di fine definitiva, di fine nel nulla, l'equiparazione, per quell'essere, diviene questione inevitabile.
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Come già riferivo in uno dei punti precedenti dell’intervista, nella fase iniziale, quando ci si avventura a scrivere, si è assaliti da tanti dubbi (ciò, anche sentendo qualche altro mio collega) e seppur le parole (a volte succede) riempiono rapidamente il foglio, più volte si ritorna indietro cercando di capire se, quello che si è appena scritto, rappresenti ciò che si voleva dire. Vi sono momenti nei quali si giunge ad un "blocco" e cambiar storia si vorrebbe e tante volte si ritorno sulla parole scritte invertendole, mutandole alla ricerca di qualcuna più carina, qualcuna che meglio possa rappresentarci. Poi, come se fosse un sesto senso a guidarci, giunge qualcosa dal di dentro a sostenerci e, finalmente, si arriva a consegnare al mondo la propria storia.
10. Il suo autore del passato preferito?
Per i motivi che prima spiegavo a proposito degli adolescenti, anche relativamente a me vale il discorso di considerare Dante come il mio autore preferito. In maniera mirabile, Dante, opera una grande distinzione tra Bene e male cogliendo, a mio avviso, una delle condizioni più importanti perché la stessa esistenza sia permessa: quella del Bene. Cosa sarebbe stata (e cosa sarebbe) la nostra vita senza questa positiva, necessaria condizione? Il bene, a ben vedere, si pone persino come condizione costitutiva dell’esistenza. Del resto, non è solo l'amore che permette la vita così come, parimenti, il suo prosieguo? Perdonatemi se sembro essere ripetitivo, tuttavia a Dante il merito di questa funzionale, indispensabile, mirabile distinzione, di conseguenza, vale per me il discorso di collocarlo al primo posto tra i miei preferiti.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo che sia una bella novità, tuttavia la mia preferenza si svolge sempre in favore del libro classico, cartaceo disponibile al tatto ed agli occhi di colui che legge il quale, isolandosi da tutto, scelto il proprio libro (e dunque la propria storia), potrà gustare appieno ogni pagina, farsi trasportare da quella magia affidata alla fantasia che ciascun lettore è capace d'infondere nella propria lettura. Non nascondo, tuttavia, che, a volte, quando si è stanchi dopo una giornata di lavoro, l’audio possa anch’esso svolgere il suo importante ruolo di trasportare la nostra fantasia, in quel caso, chiudendo gli occhi e affidando alla nostra creatività le parole ascoltate, si entrerà in un mondo guidato dall’autore lettore.