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17 Ago
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Intervista all'autore - Armando Robertazzi

1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?

Nacqui a Buccino, Salerno, il 28 marzo 1930. Trascorsi la prima infanzia normalmente, senza penuria economica, grazie all’attività dell’impresa di fuochi artificiali di mio nonno materno. Crescendo, invece, la mia vita venne dilaniata da un binomio clerico-fascista e dal credere-non credere, che limitò la mia infanzia, costretta in un contesto retto da legami sociali tanto imbecilli quanto cinici. Poi arrivò come una tempesta a ciel sereno la guerra del 1940-1945, che ci gettò nel panico, colpendo e squartando ogni entusiasmo dell’infanzia. Arrivai così ai quindici anni di vita, in una miscuglio di credenze non terrene e non umane, in una società deviante, incanalata in un bordello padronale di baroni e baronesse, dove si dissipavano, si sperperavano, tanto i valori morali e sociali quanto i patrimoni materiali e culturali. La vita stagnava così in un’arroganza trascendentale dettata da un clerico-fascismo, che ci accompagnava come una maledizione.



2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?

Più che un libro ne consiglierei quattro: il Manifesto del Partito Comunista, di Karl Marx e Friedrich Engels, I Dannati della Terra, di Frantz Fanon, Il Matriarcato, di Johann Jakob Bachofen e infine consiglierei di documentarsi sulla Rivoluzione Francese, in particolar modo sulla figura e il ruolo umano di Robespierre.



3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ e-book?

Io accetto il progresso scientifico, quello che combatto, per non essere trascinato nel dirupo, è il dominio del delinquente economico sul progresso scientifico.



4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?

La scrittura è per me una necessità propria della sensibilità umana, che permette di non essere trascinati nell’inganno degli appropriatori di ricchezze e, soprattutto, dell’insegnamento.



5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?

La volontà di non essere travolto dal marciume della menzogna politica e affaristica.



6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?

Quello di non illudersi di essere migliore degli altri, se vuole vivere con una coscienza di pace durante la propria vita.



7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?

Durante la mia vita ho preso coscienza pian piano della scrittura come mezzo di espressione. Vivendo in una realtà retta dalla menzogna continua e da una fredda corruzione clerico-politico-padronale, è nato in me il bisogno di esprimermi in senso militante attraverso la scrittura, essendo questa la sola possibilità rimasta a chi ha creduto nella resistenza antifascista.



8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?

Durante la stesura di questo libro mi ha accompagnato il ricordo del giorno in cui mi sono iscritto al Partito Comunista. Questo avvenimento è stato fondamentale nella mi vita perché mi ha dato la possibilità di poter sviluppare una visione sociale che mi corrisponde e che altrimenti, rimanendo influenzato da una visione padronale e clericale, non avrei mai potuto capire. Un particolare riconoscimento a questo mio percorso va alla segretaria della sezione del Partito Comunista buccinese dell’epoca: la compagna Lanzella, che è stata la vera Rosa… Luxemburg. Umiliata dai tarantoli – eredi della tarantola clericale - ma non vinta. Ella rimase sempre fiera, a testa alta.



9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?

Sì, ci ho pensato tanto, però ce l’ho fatta perché sentivo di scrivere un pensiero che è spesso negato.



10. Il suo autore del passato preferito?

Più che un solo autore, ho un tema preferito: la Rivoluzione Francese.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Non conosco questo fenomeno!

 

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Martedì, 13 Dicembre 2016 | di @BookSprint Edizioni

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