2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In realtà poco. La protagonista, Giovanna, è figlia di un conte ed è una ragazza coraggiosa, "capace di sparare con qualsiasi arma e di guidare qualsiasi auto", io no. Mio padre, cacciatore, mi fece sparare una volta con un fucile ad aria compressa contro un bersaglio. Il giorno dopo mi venne la febbre. I miei parcheggi, poi, sono famosi...Lei è una musicista, capace di organizzare un coro di bambini, io sono stonata come una campana. Ci accomuna la passione per la montagna e per il teatro, ma Giovanna è una buona alpinista e un'ottima attrice. Io... sono una schiappa! Lei dà il meglio di sé nell'azione, io ho una netta preferenza per l'attività contemplativa. Anche la vicenda, ambientata nel 1945-46, ha scarsa attinenza con la mia vita, fortunatamente, anche dal punto di vista interpersonale.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Alla base di questo libro c'è l'idea di una vittima che si salva da una situazione di oppressione impersonando il suo aguzzino, ma che, nella sua fuga, diventa essa stessa carnefice. C'è il problema, quindi, se è giustificato essere ingiusti con gli ingiusti. C'è il tema della confusione e del disagio provocati dalla scoperta del tradimento di un amico, ma anche dalla constatazione che a giocare il ruolo di salvatore è un nemico. C'è soprattutto la storia, drammatica, della guerra, della Resistenza e dell'olocausto. Una storia che io non ho vissuto direttamente, ma che emotivamente mi è vicina per i discorsi di mia madre e mia zia, che spesso rievocavano le persecuzioni contro il nonno, comunista e la loro famiglia. Oltre a raccogliere delle testimonianze, ho cercato di documentarmi, ma, nonostante i miei sforzi, sono consapevole che il mio lavoro sarà pieno di inesattezze e mi scuso con chi ha subito in prima persona l'esperienza della shoah o della deportazione per questa ricostruzione storica che apparirà necessariamente imprecisa o deviante. Ritengo però che ricordare quei tragici avvenimenti sia comunque utile alle nuove generazioni per non dimenticare.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta è stata molto semplice, e non solo perché nel testo "contessa" è il nomignolo sprezzante con cui i ragazzi del paese sottolineano l'estraneità al loro gruppo della protagonista, che è figlia di un conte. "Contessa" è anche il titolo di una canzone, composta da Paolo Pietrangeli, che costituiva uno dei cavalli di battaglia nelle lotte operaie e studentesche del 1968 e 1969. In quegli anni, io frequentavo l'Università a Torino e questa canzone è legata alla mia giovinezza e agli ideali e speranze di quei tempi.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
In un'isola deserta, forse "Robinson Crusoe" potrebbe avere una sua utilità... Però, il libro della mia vita è stato "Cent'anni di solitudine" di Gabriel Garcia Marquez, per la ricchezza di invenzioni fantastiche che trasfigurano la storia tragica di un continente e per lo stile fatto di anticipazioni e di flash-back che sostituiscono la struttura lineare della narrazione.
6. E-book o cartaceo?
Cartaceo! Adoro la carta, mi piace sfogliare i libri, tenerli in mano, sentirne il profumo, vederli allineati negli scaffali, ammucchiati sui tavolini, sulle mensole e... sì, anche per terra. In casa mia non c'è una sola stanza senza libri e in una casa senza libri non potrei proprio abitare. Quando ho in programma un tragitto in pullman o in treno o un viaggio o un'attesa in qualche sala d'aspetto, anzitutto mi porto dietro un libro, poi penso al resto.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Veramente scrivere per me è normale, come camminare e respirare. L'ho sempre fatto. Non è detto che tutti quelli che scrivono siano scrittori. Io mi considero una dilettante.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Ho scritto questo libro in due mesi, in un periodo per vari motivi non particolarmente felice della mia vita e mi ha dato grande conforto sprofondarmi nella stesura di questa storia e dimenticarmi per qualche ora delle cose non particolarmente belle che mi circondavano. Data la mia concentrazione nella scrittura, per gli zucchini in padella o per l'arrosto nel forno sono stati tempi duri!
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Ho proprio voluto fare questa esperienza. Quando mi ritroverò col mio libro in mano, spero di provare un'emozione. Quale vi dirò.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Dei miei amici si sono prestati a fare le cavie. Due sono... compagni di scuola (ho appena conseguito, alla mia tenera età, il diploma quinquennale in pittura all'Accademia di Belle Arti di Torino), poi c'è una collega e grande amica con cui ho diviso lavoro professionale e... improvvisazione teatrale. Sono persone con cui ho vissuto tante esperienze, che sono stati testimoni di situazioni in cui mi sono messa in gioco e mi sono offerta al giudizio altrui, perciò senza vergogna mi sono sottoposta anche in questo caso alle loro valutazioni critiche.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Le storie a me piacciono tutte, sia lette sia raccontate. Quando ero piccola, per mangiare e per dormire, chiedevo a chi mi era vicino: "Conta!". Adesso, forse, preferisco leggere per conto mio, perché sono io che imposto il ritmo e posso fermarmi a riflettere quando voglio, gustare dei particolari o rileggere dei pezzi o anche saltarli, qualche volta. Penso che, però, per le persone anziane con problemi di vista o per i ragazzi non particolarmente amanti della lettura, gli audiolibri siano preziosi.