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03 Ago
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Intervista all'autore - Giuseppe Palumbo Piccionello

1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?

Sono nato nel febbraio del 1946 , in un paese della provincia di Agrigento, Favara. A Favara, a giugno, quando si chiudevano le scuole, andavamo a vivere in campagna nella casa ereditata dal nonno materno, non lontano dal paese. In campagna ho imparato a rispettare la natura e gli animali, anche quelli selvatici, di cui mi prendevo cura quando li trovavo feriti o in pericolo. Crescevo anche i piccoli gufi caduti dal nido ancora implumi, dando loro da mangiare di notte per svezzarli e poi vederli volare liberi. Dopo le scuole medie, sono andato a studiare a Palermo, dove ho conseguito il diploma di Perito Industriale. Dopo il diploma, mi sono trasferito a Milano, dove ho trovato lavoro presso un’industria elettrica. Nel 1969 ho lasciato Milano e sono andato a vivere a Ravenna, perché avevo ottenuto la nomina di insegnante presso l’Istituto Tecnico Industriale Statale. Nel 1975 sono tornato in Sicilia, a Gela, dove ho continuato a insegnare presso l’I.T.I.S. Qui vivo con mia moglie e i miei tre figli.




2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?

Un libro di avventure, dove l’amore per la natura e per il prossimo sia preponderante assieme alla voglia di scoprire cose nuove.



3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ e-book?

La scienza e il progresso sono sicuramente il motore della civiltà. Penso che l’e-book sia uno strumento efficace, capace di avvicinare il mondo del sapere ai giovani, ma esso, a mio parere, deve affiancare il libro cartaceo, non sostituirlo. Surclassare il cartaceo sarebbe un gravissimo errore, un passo indietro e non una svolta, come erroneamente si potrebbe pensare. Bisogna educare i giovani a scoprire la bellezza di leggere un libro su carta.



4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?

Per me, la scrittura è un bisogno di sempre, è un modo per raccontarsi e raccontare. È il mezzo più efficace per fissare le emozioni e i pensieri nel tempo, e collocarli in una dimensione protetta e immutabile.



5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?

Mettere in risalto l’umanità e l’amore di alcuni personaggi conosciuti da ragazzo. Nello stesso tempo raccontare usi e costumi di una volta, della gente del mio paese. Usi e costumi molto diversi da quelli di adesso.



6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?

Un messaggio positivo di solidarietà e di onestà morale e intellettuale. Gli uomini sono tutti fratelli anche quelli diversi, purché onesti e rispettosi del prossimo.



7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?

È stato quasi naturale, come quando da studente ancora adolescente, vivendo lontano da casa, scrivevo lunghe lettere a mia madre per rassicurarla e raccontarle quello che mi succedeva.



8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?

Quando scrivevo il libro, al protagonista avevo dato un nome diverso, ma spesso lo dimenticavo e automaticamente lo chiamavo con il suo vero nome.



9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?

No, piuttosto ero preoccupato di non rendere giustizia a quello che era stato il protagonista principale di uno dei racconti, cioè Filippo. Avevo paura di non mostrare appieno la sua vera identità e i suoi sentimenti. Alla fine è riuscito benissimo, perché chi ha letto il libro lo ha riconosciuto subito e ne ha indicato il vero nome.



10. Il suo autore del passato preferito?

Provo a dirne uno: Pirandello.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Qualche volta può fare piacere ascoltare un narratore. Anche in questo caso non ritengo debba sostituire la lettura, che dà la possibilità al lettore di fermarsi e riflettere, per poi riprendere a leggere, assaporando le emozioni suscitate da una bella descrizione.



 

 

 

 

 


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