Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Ho sempre amato viaggiare, per tutto il mondo, dove era possibile, ai tempi di quando ero giovane, e l'andare mi portava a incrociarmi con luoghi dove erano accaduti episodi famosi o ad incontrare uomini e donne diversi,
ormai morti da tempo. E le loro storie mi incuriosivano, desideravo indagarle e scriverle perché non andassero perdute. Mi affascinava tentare di capire quale parte di fiaba ci fosse nelle loro storie, e quanto di realtà. Così tentavo, e ancora tento, di scriverne le storie.
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In tutto quello che scrivo è la parte di me, di come vedo le cose, di quello che amo e di quello che disprezzo. E, talvolta, di quello che mi è accaduto di provare.
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Curiosità e gioia. E speranza di donare a qualcuno, se vorrà accettarle, qualche riflessone e qualche nozione in più.
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stessa per deciderlo tra varie alternative?
Ho esitato tra due titoli: "I viaggiatori della fede" e " I Pellegrini Dio" Mi piace di più il secondo.
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
La "Divina Commedia" perché contiene il mondo; ma non Dante Alighieri, perché doveva avere un caratteraccio.
Ebook o cartaceo?
Cartaceo
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittrice?
Non c'è stata nessuna decisione. È cominciata per caso, insieme ai viaggi. E non è assolutamente una carriera
La mia carriera, finché non sono andata in pensione, è stata quella di notaio.
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'idea l'ho spiegata. Di questo libro in particolare è stato un viaggio in Mesopotamia. Un aneddoto... a me piace scrivere fiabe, così un Natale avevo inventato che anche una pastorella voleva portare un dono al Bimbo, ma non aveva niente e piangeva e così spuntò dalla terra un fiore che da allora si chiamò rosa di Natale, bianco e bellissimo. Mio figlio ne rise, chiamando la storia zuccherosa. Poi si vestì per andare a Messa, indossando fiero una camicia nuova rosa e luccicante (aveva 23 anni). Io mi ribellai, mica andavamo in discoteca, non sarei andata con lui se non metteva una camicia decente, ecc.ecc. Poi andai a dormire, inviperita, in attesa della mezzanotte. Quando mi svegliai sul comodino c'era una bellissima pianta con un biglietto: "Ho messo una camicia, bianca come questa rosa di Natale." È la mia personale fiaba di Natale.
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Di avere creato qualcosa che prima non c'era. Di aver forse fatto qualcosa di buono. Si prova gioia.
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Nessuno lo ha letto. Ma il primo a leggerlo sarà mio figlio quando sarà pronto.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che sia una cosa buona per chi non può leggere. Quando ero ragazza, a Milano, andavo alla Croce Rossa a leggere per i ciechi.
