Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Mi chiamo Sebastiano Fumagalli e scrivere è sempre stato un modo per dare forma ai miei pensieri, alle emozioni e alle storie che porto dentro.
Sono nato in Brianza, in un piccolo paese dove ho trascorso l'infanzia e la giovinezza, immerso in un mondo fatto di racconti familiari, tradizioni e silenzi che spesso dicevano più delle parole.
A 31 anni la mia vita è cambiata: mi sono trasferito a Napoli con Cristina, la donna che sarebbe diventata mia moglie. Napoli mi ha accolto con la sua energia travolgente, i suoi vicoli pieni di storia e quel fascino che mescola realtà e leggenda. Qui sono diventato padre di tre figli, tra cui Beatrice, che ha ispirato questo libro.
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
La scrittura per me non ha un orario fisso, ma trova spazio nei momenti in cui la mente è più libera di viaggiare.
Approfitto delle prime ore del mattino, quando la città è ancora addormentata e l’aria è fresca di nuove possibilità. È un tempo tutto mio, in cui posso raccogliere le idee e lasciarle scorrere sulla pagina.
Il suo autore contemporaneo preferito?
Non è facile scegliere un solo autore contemporaneo, perché mi lascio ispirare da molte voci diverse. Tuttavia, se dovessi indicarne uno, direi Elena Ferrante. Il suo modo di raccontare Napoli, con quella profondità emotiva e quella capacità di scavare nelle relazioni umane, mi affascina enormemente. Nei suoi libri si respira l’anima della città, con tutte le sue contraddizioni, la sua bellezza e le sue ombre.
Perché è nata la sua opera?
Scrivere Beatrice e la Luce di Napoli è stato un viaggio straordinario. Volevo creare una storia che fosse un ponte tra il presente e il passato, tra la magia e la realtà, tra il coraggio e la paura. Napoli è una città di luce e ombra, di miti nascosti sotto la superficie della quotidianità, e ho voluto raccontarla attraverso gli occhi di una bambina speciale, forte e determinata.
Questo libro è dedicato a mia figlia Beatrice, ma anche a tutti coloro che credono nella forza dei sogni e nella magia che si nasconde dietro ogni angolo della vita.
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Moltissimo. Sono nato e cresciuto in Brianza, una terra operosa, concreta, dove il lavoro e la famiglia sono valori fondamentali. Questo mi ha insegnato il senso della fatica, della determinazione, ma anche il peso del silenzio, delle cose non dette. Poi c’è stata Napoli, che mi ha accolto con la sua energia travolgente, la sua vitalità e il suo modo di trasformare ogni cosa in racconto.
La Brianza mi ha dato il rigore, Napoli mi ha dato il colore.
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Per me, scrivere è entrambe le cose. È un modo per evadere, per creare mondi nuovi e dare forma alla fantasia, ma allo stesso tempo è anche il mezzo più potente per raccontare la realtà, per rielaborarla e darle un significato più profondo
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Molto, forse più di quanto avessi immaginato all’inizio. Beatrice e la Luce di Napoli nasce come una storia di fantasia, ma dentro ci sono i miei sentimenti, le mie esperienze e il mio modo di vedere il mondo.
Beatrice, la protagonista, porta il nome di mia figlia, ed è impossibile non riversare in lei qualcosa di personale. Nel suo coraggio rivedo la determinazione che vorrei trasmetterle, nella sua voglia di scoprire il mondo c’è il mio stesso desiderio di esplorare e comprendere.
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sì, senza dubbio mia figlia Beatrice. È stata la mia ispirazione più grande, il cuore pulsante di questa storia. Guardandola crescere, con la sua curiosità e la sua forza, ho immaginato una protagonista che avesse il suo stesso spirito, il coraggio di esplorare il mondo e affrontare l'ignoto.
Anche Napoli è stata fondamentale. Vivere in questa città, con la sua storia, le sue leggende e la sua energia, mi ha dato lo sfondo perfetto per ambientare l’avventura. Ogni vicolo, ogni racconto popolare mi ha suggerito un dettaglio, un’atmosfera, un elemento che ha reso la storia più viva e autentica.
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
La prima persona a cui ho fatto leggere il romanzo è stata mia moglie, Cristina. Sapevo che il suo giudizio sarebbe stato sincero, attento e prezioso. Lei mi conosce meglio di chiunque altro, sa cogliere le sfumature di ciò che scrivo e, soprattutto, capisce quanto questa storia significhi per me.
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Credo che l’ebook sia ormai una realtà consolidata, ma non penso che sostituirà mai del tutto il libro cartaceo. Sono due modi diversi di vivere la lettura, ognuno con i propri vantaggi.
L’ebook è pratico, immediato, permette di portare con sé intere biblioteche in un solo dispositivo. È perfetto per chi legge tanto e vuole avere sempre nuove storie a portata di mano. Ma il libro cartaceo ha un fascino insostituibile: il profumo della carta, il peso nelle mani, il piacere di sfogliare le pagine. Per molti lettori, me compreso, il legame con il libro fisico è qualcosa di speciale.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che l’audiolibro sia una straordinaria opportunità per la diffusione della lettura. Permette di avvicinare alla narrativa persone che magari non hanno il tempo o l’abitudine di leggere, ma che possono immergersi in una storia mentre guidano, fanno sport o svolgono altre attività.
