Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato in un piccolo centro del basso veronese, in piena pianura padana, dove in inverno la nebbia si poteva tagliare come il burro tanto era densa e l’estate torrida e afosa.
Vista la mia età, posso dire tranquillamente di aver visto e vissuto la miseria contadina, io sono l’ultimo nato di sette fratelli, nato da genitori contadini. In ogni caso, sono stato il più fortunato se così si può dire, in quanto ho avuto la possibilità di studiare grazie alle entrate economiche dei miei fratelli più grandi. Nonostante le ristrettezze economiche dell’epoca, posso assicurare che ho avuto un’infanzia e un’adolescenza serena e felice a stretto contatto con la natura e i miei coetanei, liberi e spensierati di assaporare la meravigliosa stagione di quell’età. Appena finiti gli studi tecnici che avevo intrapreso, decisi in piena autonomia di intraprendere la carriera militare, arruolandomi in un corpo delle forze armate per poter vedere il mondo e ansioso di scoprire e vivere cose nuove. Nel mio piccolo ho fatto una buona carriera e avuto la possibilità di girare molti Paesi europei e gli Stati Uniti. Posso affermare di aver realizzato il mio sogno di scoprire un mondo, incontrato persone interessanti e vissuto cose che non conoscevo e che mai avrei immaginato si celassero sotto la quiete coltre degli avvenimenti che avevo vissuto nella terra delle mie origini fino alla mia partenza.
Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Io personalmente suggerirei “Il solito normalissimo caos” di Shron Creech. Una storia raccontata dalla prospettiva di un giovane ragazzo che deve imparare a far fronte ai cambiamenti e alle avversità inaspettate. La scrittrice usa un linguaggio leggero per esplorare in profondità le emozioni dei suoi personaggi e i loro rapporti. Il libro è pieno di momenti di pathos e di situazioni comiche, lasciando al lettore una sensazione di empatia e contentezza. Nell’attuale momento della storia, ritengo che sia un libro attuale e molto interessante perché ispira speranza e ottimismo, due elementi che latitano fra i nostri futuri adulti.
Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
L’e-book rispecchia i tempi moderni. Avere tutto e subito e alla stessa velocità archiviarlo e acquisire il nuovo che ci viene proposto. Probabilmente è la mia età a rendermi nostalgico del libro cartaceo, il profumo della carta ed il fruscio delle pagine, la lentezza nel leggere il nuovo arrivato o il desiderio di riprendere in mano un vecchio libro che stava riposando nella libreria. L’e-book ha due grandi pregi, la facilità di portarselo sempre appresso ed il basso costo del volume. Per il resto, io sono della convinzione che il vecchio libro cartaceo era, è e sarà sempre un grande compagno di vita, con il suo invecchiamento naturale e la perdita della brillantezza del nuovo, le sue pagine rappresenteranno sempre un nuovo viaggio incantato fra le rughe del tempo che scorre, ahimè, inesorabile.
La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Per quanto mi riguarda, direi che non è né uno né l’altro, anche se ho sempre avuto facilità nello scrivere sin dai tempi della scuola primaria. Il tipo di vita professionale che avevo scelto non mi ha mai lasciato molto tempo per pensare se cimentarmi nella scrittura creativa. Leggevo molto, questo sì, ma mai ho pensato che un giorno avrei scritto un libro da presentare ai lettori, mentre ora sono giunto al quinto romanzo. Comunque, solo dopo essermi ritirato a vita privata, mi capitò un episodio particolare: Un amico avvocato, sapendo che disponevo di tempo libero, mi chiese di studiare un controverso fascicolo processuale relativo ad un duplice omicidio, di cui lui era il difensore dell’accusato. Studiai con molta attenzione la documentazione e stilai un corposo rapporto, ipotizzando una conclusione investigativa alternativa e del tutto diversa dalle conclusioni cui erano giunti gli inquirenti. L’amico avvocato presentò in toto il mio rapporto al magistrato inquirente. Per farla breve, il magistrato fece scarcerare il loro presunto colpevole e arrestare la persona che avevamo individuato io e l’avvocato. La frase che il magistrato che riferì all’avvocato mi stupì: “Le faccio i complimenti per l’acutezza investigativa del suo collaboratore, ma ancora di più, per la sua capacità nel descrivere gli eventi, le situazioni e i personaggi. Lui non scrive, li dipinge.” Da quell’episodio cominciai a riflettere sulla possibilità di scrivere racconti di fantasia, ambientandoli nel mondo che meglio conoscevo e cercando di fornire alternative di lettura e interpretazione ad eventi realmente accaduti. Pertanto, non direi che si tratti di un colpo di fulmine o un amore ponderato, forse è solo uno scherzo del destino che mi ha fatto incontrare casualmente le persone che mi hanno fornito lo stimolo giusto.
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Verso dicembre dello scorso anno, ho letto un’intervista fatta dal giornalista Pierluigi Miele per conto della Rai al criminologo Vincenzo Musacchio, in merito al traffico illegale di organi ed il coinvolgimento di varie organizzazioni criminali in tale attività. Basti pensare che il giro d’affari a livello mondiale si aggira fra gli 840 milioni e i due miliardi di dollari all’anno, a fronte di circa 12.000 organi trapiantati. Nella lunga intervista indicava i mercati più floridi nel reperimento di organi nelle zone di guerra, fra cui Iran, Siria, Kosovo e Ucraina. Sempre nel medesimo articolo, evidenziava la prima indagine al mondo denominata “Medicus” svolta in Kosovo, che ha portato alla condanna di un gruppo di medici, intermediari e di elementi della criminalità organizzata. Nel corso della mia vita professionale, ho operato a lungo nei Balcani, anche durante la guerra civile nella ex Jugoslavia. Già all’epoca avevo avuto notizie, oltre agli eccidi razziali e alle fosse comuni, di un possibile traffico di organi messo in atto da appartenenti all’Esercito di Liberazione del Kosovo, nei confronti di inermi cittadini di etnia serba. All’epoca c’erano molte storie che rasentavano la follia ma di prove non ce n’erano. In seguito, terminata la guerra fratricida jugoslava, iniziarono a venir alla luce elementi che confermavano il traffico di organi. Prima fra tutti ad aprire un’indagine ufficiale fu la procuratrice generale del Tribunale Penale Internazionale per i crimini dell’ex Jugoslavia dell’Aja, Carla del Ponte. A seguire ne parlò il senatore liberale radicale ticinese Dick Martin, il quale presentò un rapporto redatto per il Consiglio d'Europa, nel quale accusava il coinvolgimento in questo abominio il primo ministro del Kosovo Hashim Thaci, indicandolo come il capo di una rete mafiosa di traffico di organi. Ho riflettuto molto prima di avventurarmi nella stesura del romanzo, in quanto sapevo che mi sarebbe costata molta fatica nell’affrontare un argomento tanto doloroso e inumano. Nonostante ciò, decisi che era giusto dare voce a tutte quelle persone trucidate e abbandonate all’oblio. Ho ritenuto giusto portare alla luce un terribile crimine che non trova mai spazio nelle cronache e nelle inchieste dei media e, quando lo fanno, sono sempre riferite a luoghi lontani dal nostro Paese e relegati nella miseria e nella disperazione di società a noi sconosciute. Ho voluto ambientare alle porte di casa nostra il traffico di organi avvenuto nel silenzio totale, per affermare che il male assoluto esiste a qualsiasi latitudine.
Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Spero di essere riuscito a trasmettere il messaggio che il male assoluto esiste negli uomini, senza limitazioni territoriali, ceto sociale o religioso. Vorrei che il lettore riflettesse sulle “nuove” forme di schiavitù, ugualmente aberranti come quelle che le hanno precedute, anche se rappresentate con i vestiti del progresso e della libertà. Ma il progresso e le libertà che ci vengono propinate sono per tutti o solo per pochi? Una domanda a cui vorrei che ci soffermassimo tutti a riflettere.
La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Come detto in precedenza, la scrittura non era fra i miei sogni e tantomeno nei programmi della mia vita. È stato un evento casuale che ha dato vita a questa nuova avventura. Come la vita di tutti noi, siamo soggetti a fare delle scelte sulla casualità degli eventi, basta essere pronti e decisi a captarne i segnali, siano essi positivi o negativi.
C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Questo romanzo non trova spazio a ricordi piacevoli. Ho vissuto e superato pesanti tribolazioni prima di iniziare la stesura e nel corso del lavoro ho superato momenti di intima angoscia, visto l’argomento trattato, perciò, parlare di episodi piacevoli, penso che sia del tutto fuori luogo.
Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Assolutamente no, ho incontrato dei momenti difficili nel descrivere alcuni avvenimenti crudi e inumani, ma ero sempre nella convinzione che la gente abbia il diritto di sapere e conoscere quanto accadeva nella zona grigia della guerra jugoslava, come accade in tutte le guerre e in qualsiasi parte del mondo. Ogni conflitto bellico crea vittime fra i combattenti di entrambe le parti, ma, a pagarne il prezzo più alto sono sempre i poveri, le donne, i vecchi e i bambini sotto ogni profilo, ovvero, dolore, fame, violenze, stupri e quant’altro di aberrante ci possa venire in mente. L’essere umano nel corso delle guerre si trasforma in un essere cinico e privo di inibizioni, si inebria di un senso di assoluta impunità per il male, dolore e morte che provoca ai suoi simili. Non so quale sia la ragione di tale mutamento, ma alla sola parola “guerra”, dovrebbe farci inorridire e non diventare tifosi di una parte o dell’altra.
Il suo autore del passato preferito?
In realtà ho due autori che sono tornato a rileggere anche recentemente. Uno è il capolavoro senza tempo intitolato Il Gattopardo, nato dalla stupenda penna di Tomasi di Lampedusa. Il secondo “L’eleganza del riccio”, nato dalla sensibilità della scrittrice Muriel Barbery. Pur due romanzi ambientati in epoche diverse e in condizioni sociali opposte, entrambi i capolavori mettono al centro delle loro storie la persona, evidenziando e contrapponendo la loro visione della vita. Nel primo la paura che la sua posizione sociale ed economica possa decadere, a causa delle trasformazioni avvenute nella vita e nella società siciliana durante il risorgimento. Una condizione sintetizzata nella famosa frase: “Tutto cambia perché nulla cambi”. Il secondo romanza parla di una portinaia che vive e lavora in un elegante palazzo di Parigi, abitato da facoltose famiglie dell’alta borghesia. Dagli abitanti del palazzo viene vista alla stregua di una donna grassa, scialba e incolta. In realtà, all’insaputa di tutti è una coltissima autodidatta che adora l’arte, la filosofia, la musica e la cultura giapponese. La sua vita sarà una continua lotta per rimanere nell’anonimato, vivendo solo nella sua passione per i libri.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ritengo che sia un’ottima cosa, soprattutto per i non vedenti o per chi passa molte ore in viaggio per lavoro, anche se ritengo che non possa sostituire il cartaceo. In ogni caso, è un’ottima iniziativa in questo mondo sempre più lanciato verso la tecnologia e la velocità nel bruciare le tappe, le attese e i momenti di riflessione. Io ritengo che l’innovazione digitale dell’audio libro debba essere un qualcosa di supporto all’essere umano con problematiche fisiche o di tempo, non sostituire l’essenza del rapporto fisico con il libro cartaceo e, di conseguenza, con l’autore e i protagonisti dei racconti.