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BookSprint Edizioni Blog

18 Ago
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Intervista all'autore - Carlo Floris -

Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato a Collinas in un piccolo paese della Sardegna del Medio Campidano in una famiglia numerosa e di condizione molto povera.
Mio padre bracciante agricolo e mia madre dedita al lavoro nei campi e a servizio presso famiglie benestanti, per portare a casa un tozzo di pane in più.
Ho trascorso parte della mia fanciullezza al mio paese fino al completamento delle scuole elementari e, dopo aver sostenuto l’esame di ammissione alle scuole medie, il parroco mio mandò a studiare in un collegio religioso a Roma.
I miei desideravano che mi incamminassi nella vita religiosa, malgrado sentissi dentro di me il desiderio di vivere nel mondo in maniera diversa. Completai le medie e subito dopo feci la vestizione religiosa e inviato in noviziato dove vi restai per due anni.
Al termine, feci la professione dei voti e tornai a Roma allo studentato, per riprendere gli studi ginnasiali. Dopo sei anni ebbi il coraggio di lasciare la vita religiosa e tornai nel mio paesello, non certo accolto a braccia aperte dai miei genitori, illusi che avrei trascorso la mia vita in modo diverso da quella della stragrande maggioranza dei miei compagni, che ritrovai nuovamente accanto.
Fui subito inviato a prestare il servizio militare e al termine, dopo avere espletato alcuni piccoli lavori con artigiani del posto, fui assunto come civile, in una base militare della Nato alle dipendenze di una ditta tedesca che operava nella base. Mi sposai e poco dopo lasciai il posto alla Nato per entrare nel Pubblica Amministrazione, fino a quando non arrivai alla pensione.
 
Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
È una domanda difficile alla quale credo di non essere capace di dare risposta. Il mondo dei giovani d’oggi è molto diverso da quello vissuto dalla nostra generazione. Prima che io entrassi in collegio, non ricordo di aver mai preso in mano un libro diverso da quelli scolastici. Ricordo di una piccola biblioteca, del patronato scolastico, dove ragazzi e ragazze più grandi vi si recavano per prendere qualche romanzo.
Durante gli anni trascorsi in collegio, soprattutto nel periodo delle vacanze estive, i superiori ci consigliavano di andare in biblioteca e scegliere qualche libro che potevamo leggere nei momenti di ricreazione e durante l’ora di riposo che si faceva d’estate nel pomeriggio. Mi piacevano molto i romanzi soprattutto quelli di “Cronin”.
I miei figli amavano leggere i fumetti e ancora oggi li teniamo conservati, come piccoli tesori, insieme ai quaderni e ai loro libri di scuola. Quando tornano a farci visita, salgono in quelli che erano stati i loro rifugi e si soffermano a guardare le memorie del loro passato.
Oggi noi adulti crediamo che i genitori di questa generazione e anche la scuola non siano “educatori esperti di adolescenza” perché, l’istruzione e l’educazione sono due concetti ben diversi. I giovani sono distratti dai telefonini e, tutto ciò gira nel web, senza distinzione, diventa motivo di farlo proprio, diventandone esperienza di vita. Per interessarli alla lettura di un libro bisognerebbe iniziarli attraverso un percorso da portare avanti con personale esperto e qualificato, capace di far comprendere loro l’importanza che questo può avere per la loro formazione e per il loro domani.
 
Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
Avere davanti una persona che si ama, poterla accarezzare stringerla al petto e baciarla, non è la stessa cosa se la vedi attraverso una videochiamata. Le parole pronunciate possono essere le stesse, così pure le espressioni che le due persone possono mimare. Ma, secondo il mio modesto parere, avere tra le mani un libro, poter mettere un dito tra le pagine per andare alla ricerca di un passo che vuoi rileggere o, socchiudere il libro portandotelo sulle labbra mentre cerchi di entrare nel personaggio che ti coinvolge, tutto questo non lo puoi fare se non ce l’hai stretto tra le mani. È tutta un’altra emozione! Dopo la lettura, lo riponi nella tua libreria accanto agli altri, scegliendo il posto giusto dove collocarlo e, se lo hai ritenuto capace di stordirti o ammaliarti, sai di certo che lo riprenderai in mano, se non altro per rileggerne qualche passo che ti ha maggiormente colpito.
 
La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Se nella tua vita non hai mai sentito dentro di te il desiderio di annotare sentimenti o pezzi di memoria del tuo passato, non credo possa arrivare un colpo di fulmine che ti spinga a prendere in mano una penna e rilasciare su un foglio ciò che hai tenuto dentro di te.
Io sin da piccolo, amavo scrivere in dialetto sardo, le storie che raccontavano le persone anziane, per non dimenticarle. Appuntavo le preghiere, sempre in lingua nostra, che loro recitavano, spesso in modo incomprensivo, in particolari momenti della giornata e quando si recavano in chiesa a pregare durante la messa o alle celebrazioni religiose.
Questi fogli, stracciati dai quaderni di scuola, da grande li ho ritrovati dentro un cassetto che mia madre, analfabeta, aveva conservato. Durante la pandemia, ho avuto tanto tempo per andare alla loro ricerca, scovarli in cantina dentro un cassone di legno dove tenevo conservati tanti altri ricordi della memoria. Ho cominciato a riscriverle sul computer e a giorni alterni ne pubblicavo qualcuno in Facebook.
Rubavo tempo alle lunghe giornate passate rinchiuso in casa, e alle ore della notte, quando cominciai a scrivere il mio primo libro, prendendo spunto da quelle storie raccontate dagli anziani, seduti nelle strade polverose a prendere il fresco nelle notti afose dell’estate.
Ma quelle memorie, allargate ad altri avvenimenti della mia vita, non potevano essere collocate tutte in un unico libro e così aprii diverse cartelle e cominciai a scrivere contemporaneamente più di un romanzo. Uno pubblicato a gennaio 2023, e l’altro a luglio dello stesso anno.
Altri due sono completati ma dovranno attendere ancora prima di essere mandati in stampa
 
Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
La mia gioventù l’ho trascorsa in una congregazione religiosa. Dopo il noviziato e la professione dei voti, rimasi ancora un anno, prima di prendere la decisione di lasciare la vita religiosa e ritornare laico.
Già in quegli anni del ’68 molti preti avevano cominciato a chiedere al Papa la riduzione allo stato laicale, concedendo loro anche la possibilità di contrarre matrimonio. Ebbi modo di conoscere qualche sacerdote, che lasciò il ministero sacerdotale e si sposò. Da questi fatti e, da alcune confessioni, presi spunto per scrivere questo romanzo, mettendo in evidenza le difficoltà e le paure che ebbero quando entrarono in quel mondo, sotto certi aspetti, a loro sconosciuto.
 
Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Più che un messaggio, il mio è un invito al lettore di considerare quanta sofferenza si è celata nell’animo di quei personaggi che nel libro raccontano un pezzo della loro vita. Preti e suore rinchiusi in una gabbia, spesso dipinta d’oro, incapaci di prendere il volo per paura di ritrovarsi, ancora più soli, in un mondo per loro sconosciuto e pieno di avversità.
Il trauma causato dall’essere stati strappati dalle famiglie, essendo ancora piccoli e, collocati in seminario o in un istituto religioso con l’intendimento dei genitori di farne preti o suore, deve aver inciso in modo determinante nella loro formazione.
 
La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Sin da piccolo ho avuto la passione di mettere per iscritto le cose e gli eventi che particolarmente colpivano la mia attenzione, spingendomi a lasciarne un ricordo, non solo nella mia memoria ma anche per chi un domani poteva venirne a conoscenza. Durante la pandemia, ho trovato il tempo per andare a riaprire quella valigia di cartone, legata a croce con dello spago, dove avevo riposto e conservato parte del mio passato.
Rispolverando ciò che, giorno dopo giorno, vi avevo riposto dentro, ho iniziato a scrivere dei racconti sul passato della nostra terra sarda, per ricordare alla nostra generazione un trascorso dimenticato o sconosciuto e, a farlo conoscere ai giovani d’oggi. Poi ho sentito un forte desiderio di sviluppare in un libro, qualcosa che era di più che una semplice cronaca
 
C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Ho conosciuto un uomo che mi aveva raccontato un fatto della sua vita di quando era ragazzo. Si era invaghito di una giovane suora, con la quale era stato in contatto per un lungo periodo per motivi di lavoro, alla quale aveva confessato il suo amore, pregandola di lasciare il velo e di sposarlo. Aveva messo in crisi la sua vocazione, costringendola a chiedere il trasferimento in altra sede lontana. Di lei non era riuscito, mai più, a sapere nulla.
Un’altra confessione l’ebbi da una parente acquisita. Quattordicenne, era stata convinta dalle suore ad andare in un collegio per essere avviata agli studi. Doveva farsi suora, era questo l’obiettivo dei suoi genitori e lei non ebbe esitazione alcuna quando la inviarono in noviziato. Le piaceva la vita religiosa, e sentiva dentro il suo animo la chiamata vocazionale. Prese il diploma e proseguì gli studi universitari. Dopo venticinque anni di vita religiosa lasciò il convento e fece ritorno a casa. Era entrata in crisi quando una consorella cercò di insidiarla; lavoravano insieme in una libreria e, spesso si ritrovavano ad essere sole. La seguiva in ogni momento della giornata in qualunque posto lei andasse.
Non riusciva a liberarsene e, dopo averle confessato di essere innamorata di lei, confidò alla Madre Generale il desiderio di andare in missione in America. Era brava nel suo lavoro e la sua richiesta non era stata accolta. Chiese poi di essere trasferita; mantenne il segreto che teneva dentro l’animo, e dopo tanta insistenza la sua domanda venne accolta: ma da allora la sua vita era diventata un inferno. La stessa Madre Generale cominciò ad osteggiarla, ancora prima di trasferirla e, al suo arrivo nel nuovo convento la nuova superiora le affidò i lavori più umili e le consorelle fecero di tutto per escluderla dalle iniziative del convento. Era disperata, ma riuscì con grande sofferenza a restarci per cinque anni.
Quando tornò in Italia, subì lo stesso trattamento e si sentì ancora più umiliata quando l’accusavano di essere una consorella piena di superbia e di vanagloria. Delusa e avvilita lasciò il velo.
Quando fece ritorno a casa, i genitori non l’accolsero. Era diventata la pecora nera del paese, e accusata di avere disonorato la sua famiglia. Fu costretta a lasciare nuovamente la famiglia e il paese e, riprese la nave per il continente. Trovò lavoro presso una famiglia benestante restandovi per lunghi anni.
 
Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
No. Il primo libro riuscii a scriverlo di getto in tre mesi, ma contemporaneamente, mentre scrivevo, mi venivano in mente soggetti, luoghi e avvenimenti e subito pensai che tutto ciò lo dovevo inserire in un altro libro. Li completai quasi contemporaneamente.
 
Il suo autore del passato preferito?
Da ragazzo “Cronin”. Poi un amore particolare per Grazia Deledda.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Sin da piccolo ho imparato a tenere tra le mani un libro dal quale ho appreso le prime nozioni scolastiche, imparando a conoscerne i segni dell’alfabeto e piano piano a collegarli insieme e cercare di sillabare. In questo modo abbiamo imparato a leggere e a seguire con il dito e a ripetere con la mente ciò che un compagno di classe leggeva.
Oggi si legge troppo poco e tanta gente trova difficoltà nella lettura. Questa nuova frontiera dell’audiolibro ci riporterà indietro, in quel lontano passato, quando le persone analfabete ascoltavano ad occhi aperti estasiati, ciò che altri leggevano e si dolevano di non essere capaci di farlo anche loro.
Da grande ho cominciato a comprare e libri di tutti i generi e, amavo conservarli disposi in ordine su uno scaffale perché non si sgualcissero. Conservo ancora alcuni libri di lettura e i sussidiari delle scuole elementari e molti altri delle superiori.
Poter avere in mano un libro cartaceo, stringerlo forte interrompendone la lettura mentre con il pensiero elabori una frase o ritorni indietro sfogliandone le pagine e rileggerla, è un’emozione che non puoi provare con l’audiolibro.

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