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16 Nov
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Intervista all'autore - Luciano Tribiani -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
La mia è una formazione che affonda le sue radici nell'universo umanistico-letterario avendo frequentato un liceo classico tradizionale con spiccata tendenza per lo studio del latino e greco
(ci facevano fare traduzioni dal greco al latino come compiti in classe). La storia è stata sempre la mia passione: capire la genesi dei principali eventi storici epocali è sempre stata la mia maggiore curiosità. Dopo il liceo, ritenendo insufficiente la sola preparazione umanistica per lo sviluppo e la maturazione della mia personalità, ho intrapreso il percorso tecnico-scientifico conseguendo la laurea in Ingegneria elettronica sez. telec-informatica. Dopo tanti anni spesi nella formazione ed applicazione elettronica e nella libera professione di ingegnere, al momento della quiescenza, ho ripreso a coltivare la mia antica inclinazione occupandomi di storia locale, finché è scaturita l'dea di un romanzo storico, che è quello che proponiamo.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Dopo il pasto serale nella quiete e nella tranquillità, apparentemente senza l'assillo degli impegni quotidiani lontano dai rumori e frastuoni che impediscono un minimo di concentrazione e meditazione. Talvolta mi spingo oltre la mezzanotte quando il desiderio di indagine e di scrittura prevale sul sonno incombente.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Umberto Eco dal quale ho tratto ispirazione. ma le mie letture preferite sono saggi scientifici perché sono appassionato anche di astronomia.
 
Perché è nata la sua opera?
Nella introduzione al romanzo ho descritto come è nata la mia opera. Fondamentalmente sono sempre rimasto affascinato dalla natura del luogo ove si sviluppava la vita dell'abbazia. Conosco bene il territorio circostante avendo il mio domicilio abituale nelle vicinanze. Prima della ristrutturazione abbaziale osservavo i ruderi del monastero e sembrava che quelle pietre mi parlassero e stimolarono talmente la mia fantasia da condurmi al punto di concepire l'opera di che trattasi.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare insigni storici locali che mi hanno indirizzato verso un metodo di indagine storica corretta e precisa. Posso senz'altro affermare che ho goduto della disponibilità di studiosi che hanno saputo incoraggiarmi e guidarmi opportunamente verso lo studio scientifico degli eventi del passato.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere per me è un modo di interpretare la realtà e la ricerca dei dettagli è essenziale per non formulare giudizi affrettati. Dietro ogni evento ci sono infinite storie che non conosciamo, infiniti particolari e innumerevoli spigolature che dobbiamo osservare analiticamente e saperle ben collegare ad un contesto molto più ampio. Ciò che accade nella realtà è sempre talmente complicato ed articolato che è assimilabile ad una rete neuronale con illimitati collegamenti sinaptici. Possiamo solo dare una interpretazione che sfiora la verità; possiamo solo affermare che quello che si descrive è plausibile, ma mai la verità assoluta che esiste solo nel nostro immaginario.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Ai miei amici più stretti ed ai quali ho fatto leggere una prima versione incompleta del mio racconto, ho confidato che si tratta del mio testamento spirituale. Il protagonista del racconto, il monaco Honorius, rappresenta il mio modello umano, quello che mi sarebbe piaciuto diventare: un uomo ricco di tante virtù umane maturate attraverso tormenti e sofferenze che hanno coinvolto la sua vita. Del resto la dedica al mio primo nipote lo attesta; vorrei lasciare a mio nipote un solco di riferimento esistenziale.
Inoltre nei dialoghi tra frate Francesco ed Honorius c'è molto di quello che ho voluto presupporre in un prodigio di bontà umana come fu il futuro santo. Infine nei dialoghi fra l'ex templare Andrè ed Honorius c'è la descrizione di un mondo, la vita del cavaliere, che sembrava la migliore vocazione del momento, che attirava soprattutto giovani, spinti da impeti ed ideali di coraggio e giustizia ma che col tempo si rivelerà insufficiente per i loro bisogni spirituali. Le esperienze vissute in ogni caso portano ognuno di noi ad una maggiore consapevolezza e soprattutto saggezza nelle scelte effettuate in età avanzata.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
I grandi personaggi del passato. Ho scelto un grande genio del mondo antico quale Archimede e un gigante di spiritualità umana quale S. Francesco. Inoltre il senso del mistero che ha da sempre ammantato le storie e le leggende dei cavalieri Templari
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ad uno dei miei maestri di ricerca storica e contemporaneamente ad un appassionato di storia risorgimentale che non risparmiando alcuna critica ha definito il racconto "un giallo del medioevo".
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Il futuro è soprattutto l'e-book, ma esso rappresenta solo il mezzo per una lettura fugace e sbrigativa.
Una lettura meditata è sempre appannaggio dello stile cartaceo.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro è una lettura "ascoltata" che forse lascia poche tracce nella mente.
Una lettura più profonda è sempre demandata al mezzo cartaceo perché si segue meglio con la lettura e qualcosa in più rimane nella mente. Del resto Cicerone raccomandava di sviluppare la memoria visiva dicendo di seguire il metodo dei luoghi e delle immagini ad essi associati " Ratio locorum simulacrorumque".

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