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BookSprint Edizioni Blog

14 Ott
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Intervista all'autore - Piero Camerone -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
La scrittura credo sia un modo per esprimere l'indicibile. Il gesto della scrittura creativa consente di comunicare qualcosa che altrimenti non riuscirei a dire:
un dare contenuto e forma alla dimensione soggettiva delle emozioni. Scrivere è offrirsi, entrare in relazione con gli altri attraverso la parola, che non si limita a descrivere il mondo, sarebbe limitativo ritenere questo, bensì lo crea, lo inventa. Ecco allora che le emozioni dello scrivere sono espressione della funzione creativa della parola: non sai mai dove si andrà a finire e quali sentimenti verranno indotti. Certamente l'atto del comunicare è sempre salvifico, generativo, un andare oltre, e ciò corrisponde ad una bella stagione dell'anima. Quando scrivo apprendo, e l'apprendimento mi apre al mondo, rinnovando lo sguardo verso il senso e il significato dell'esperienza.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Se per presenza della vita reale si intende l'esercizio autobiografico, il ripensare alla propria esperienza riannodando fili e trame, non c'è nessun collegamento. Il collegamento invece c'è considerando l'attinenza del progetto letterario, chiamiamolo così, con le domande esistenziali a cui sono impegnato, nel qui e ora, a dare una risposta. Voglio dire che la scrittura del libro è derivata dalla necessità di esplorare la mia vita nella prospettiva futura, partendo dallo scenario della mia realtà.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Il tema che ho affrontato riguarda la responsabilità di gestire la libertà. Mi riferisco alla concezione di libertà che deriva da Jean Paul Sartre. "L'essere per sé" che annulla la neutralità delle cose "l'essere in sé", è per me la sfida esistenziale in cui maggiormente mi sento coinvolto. La potenza nullificatrice dell'essere per sé, che dà un significato all'esperienza, ha in sé la capacità di agire nella vita di tutti i giorni, per rispondere alla possibilità dell'esistenza che è scontro tra libertà, laddove ciò che si deve armonizzare è proprio la mia libertà con quella degli altri e del mondo. Il libro è il percorso narrativo, quasi una cronaca, di questa ricerca che lambisce il mistero e ciò che non conosco di me.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
L'inganno, la falsa rappresentazione, il credere a falsi miti, l'accontentarsi di una vita che si ripete e involve è il tema simbolo del "Velo di Maya" di cui alla tradizione induista e della filosofia di Schopenhauer. L'uomo non accede alla verità, al "Noumeno", poiché fra lui e l'essenza delle cose si frappone l'inganno, rappresentato dalla divinità Maya. Il titolo è dunque lo specchio del tema filosofico da cui poi la narrazione si è sviluppata.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
"La luna e i falò", l'ultimo romanzo di Cesare Pavese. Credo ci siano luoghi che sono espressione della magia della vita, di un'energia capace di accompagnare nella trasfigurazione dell'esperienza. Per me un luogo elettivo, in tal senso, sono le Langhe, nel cuneese. Ogni tanto mi piace tornare in questi luoghi, con un filo di gas della motocicletta, lasciarmi scivolare tra le colline dove, a saper scegliere i momenti giusti, nella solitudine si percepisce ancora la voce del mito pavesiano. Se poi ho tempo ci aggiungo una sosta in trattoria e un percorrere sentieri tra le vigne e allora si tocca il mito.
 
Ebook o cartaceo?
Il cartaceo è insostituibile, l'oggetto, la carta, la fisicità del libro. Però l'ebook è anche utile, un modo per accedere alla lettura. Favorire la lettura è l'obiettivo: dunque integrare diversi strumenti atti a consentirla, non può che essere una possibilità da apprezzare.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non credo di poter parlare di "carriera" di scrittore. Per me scrivere è un modo di essere, una frontiera che amplia il mondo a nuovi apprendimenti. Potrei dire che impegnarmi in un progetto di scrittura è stata la conseguenza che vede la ricerca di nuovi apprendimenti come priorità della mia vita. L'apprendere e la crescita personale sono l'obiettivo da cui tutto deriva. La scrittura diventa progetto e gesto in un tempo successivo, quando ho ritenuto giusto condividere i significati della ricerca soggettiva che andavo a percorrere.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Mi sono trovato, circa due anni fa, in una fase della vita in cui sentivo la necessità di rinnovarmi, di intraprendere nuove strade, nuovi progetti di vita. Il simbolo di Maya, divinità dell'inganno, è stato da subito una concretezza di significato, che sentivo mi indicava un ambito di ricerca. Il cambiamento è automatico, il progresso no. Per aversi progresso occorre saper dare una direzione al cambiamento, imprimere al cambiare una traiettoria voluta e specifica. Il Velo di Maya è l'ostacolo, l'inganno, che accade lungo questa traiettoria. Potrei dire che Maya è la forza che induce a scegliere la vita inautentica rispetto alla vita autentica, richiamando la concezione di Heidegger. Sono partito in questo viaggio senza sapere cosa avrei trovato, ovvero, se avrei trovato qualcosa di autentico verso cui tendere per il mio futuro.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Direi una sorta di gratificazione, e questo per la concretezza del lavoro svolto. Un punto di incontro tra l'idea che ispira e l'oggettività della parola che diventa sintesi e libro.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
A mia figlia. Ho sempre l'urgenza di arrivare con la mia scrittura alle persone che amo sopra ogni cosa. Questo perché, come dicevo, attraverso la parola che racconta, ci manifesta di più, si riesce a dare una potenza condivisibile a quello che è indicibile: l'essenza di quello che chiamo amore.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Mi trova assolutamente d'accordo. Penso che l'audiolibro possa arrivare a lettori che diversamente non accederebbero alla narrativa, e non solo alla narrativa. Questo è già un motivo più che sufficiente per essere un fautore dell'audiolibro.

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